Il titolare di un impianto di produzione di piantine di kiwi, leader mondiale nel settore, contro Provincia e Regione. «Ho dovuto estirpare 450mila piantine rosicchiate prima da questi animali e poi colpite dal cancro del kiwi. Un danno di 2,7 milioni di euro e nessuno mi ascolta». I batteri killer sarebbero stati trasportati dai veloci quattrozampe e inoculati nel vivaio rosicchiando le cortecce delle piantine. Maurizio Dalpane, agricoltore di Zevio (Verona), mostra i danni causati dalle lepri nel suo vivaio: «Hanno innescato la batteriosi» Se il giudice accoglierà la tesi di Maurizio Dalpane, le lepri l’avrebbero combinata davvero grossa.
Grossa quanto due milioni e 700mila euro. Sono i danni chiesti a Provincia e Regione dai legali della ditta Dalpane, leader mondiale in campo vivaistico nella produzione di piantine di kiwi, sede nel Bolognese, vivaio centrale nel Ravennate e centri di produzione in Argentina e Cile.
Motivo della vertenza? La scorsa primavera Dalpane ha estirpato e bruciato 450mila piantine dal suo vivaio sulla sponda sinistra dell’Adige, all’altezza della centrale idroelettrica dell’Enel, perché infette da Psa (Pseudomonas syringae pv. actinidiae), il micidiale cancro batterico dell’actinidia contro il quale al momento non ci sono mezzi di difesa sufficientemente efficaci. Per cui rimedio risolutivo è estirpare la pianta infetta e bruciarla.
Dalpane, però, non ha dubbi nell’attribuire la propagazione del cancro nel suo vivaio alla presenza eccessiva delle lepri in un territorio dichiarato dalla Provincia zona di ripopolamento e cattura di animali selvatici. I batteri killer sarebbero stati trasportati dai veloci quattrozampe e inoculati nel vivaio rosicchiando le cortecce delle piantine.
Un fenomeno, quello delle rosicchiature, che è piuttosto diffuso nei frutteti lungo l’Adige, al punto che gli agricoltori, per difendere dai incisivi delle lepri la base delle piante, provvedono a circondarle con reti metalliche alte circa mezzo metro. Tocca alla Regione compensare i danni da animali selvatici, attraverso la Provincia. Ma da sempre i coltivatori lamentano ristori inadeguati, se non nulli.
Quanto al kiwi, gli esperti considerano fattore predisponente alla batteriosi le incisioni su tronco e rami provocate da animali, gelate, grandinate, potature. Pericolose sarebbero persino le piccole ferite da distacco di frutti e caduta foglie, addirittura le aperture naturali come i fiori. Secondo Dalpane, dunque, oltreché danneggiare i fusticini le lepri avrebbero svolto il ruolo di «untrici» della Psa.
«Mi chiedo come si possa autorizzare una zona di ripopolamento in presenza di un’agricoltura pregiata come quella lungo l’Adige», attacca il vivaista. Che aggiunge: «Ho fatto causa a Provincia e Regione quando, a fronte dei danni lamentati, mi è stato risposto di non aver adottato sufficienti precauzioni. Ma per tenere lontane le lepri avrei dovuto recitare 18 ettari di vivaio distribuito su più appezzamenti non perfettamente livellati. Una cosa impossibile da gestire. Inimmaginabile anche mettere reti protettive a 450 mila piantine, come avviene nei frutteti. Fare un vivaio ha già costi esagerati: solo per disinfettare il terreno se ne vano 5mila euro l’ettaro».
Dalpane afferma d’aver perso fiducia nei politici per il «disinteresse» dimostrato nei confronti della sua vicenda: «Il presidente Giovanni Miozzi ha disdetto un appuntamento il giorno in cui dovevamo incontrarci per spiegazioni, senza fissare alcuna nuova data. Con l’assessore regionale all’agricoltura Franco Manzato, poi, non si è concluso nulla. Il Veneto è la sola regione che non dà niente ai vivaisti per la batteriosi. Il Friuli, ad esempio, riconosce 3 euro a pianta di un anno, e 4,5 euro se di due. L’Emilia Romagna passa 3 euro. Ha iniziato a pagare pure il Lazio».
Continua Dalpane: «Non si può far finta di niente davanti a un danneggiamento come quello subito dalla mia azienda, che a Zevio dava lavoro a 20 persone, ora scese a una soltanto. A fronte di un danno così rilevante i politici dovrebbero almeno venirmi incontro con indennizzi rateali che mi consentano di salvare l’azienda. Invece fanno tante promesse che non arrivano in porto. Già nel 2010 le lepri mi avevano causato danni per 54mila euro. Mi fu garantito che la Provincia era assicurata e che la zona di ripopolamento sarebbe stata tolta. Niente di tutto ciò. No, non è possibile andare avanti così».
L’assessore provinciale all’agricoltura, Luigi Frigotto, rimarca che sono stati davvero impegni improvvisi ad annullare l’incontro Miozzi-Dalpane. Su quando il vivaista potrà avere riposte, l’assessore dice: «Stiamo facendo il possibile per trovare una soluzione, ma purtroppo i fondi disponibili sono pochi».
«L’animale? Può essere la concausa»
«Difficile dire se la lepre può essere veicolo di trasmissione della batteriosi del kiwi. L´animale può anche essere una concausa. Ancora però gli studiosi non hanno chiarito del tutto come la malattia si diffonda». L´esperto Attilio Febi, delegato della Società orticola italiana e per lunghi anni funzionario dell´Ispettorato agrario provinciale, non si sbilancia su come avvenga la propagazione della Psa. Dice che prima fonte d´infezione è considerato il materiale vivaistico. Che il contagio può essere trasmesso dalle attrezzature usate in potatura, che i batteri killer possono essere trasportati delle forti piogge e dal vento. Che la batteriosi può propagarsi anche attraverso il polline veicolato dalle api che volano di fiore in fiore». Continua Febi: «Oltretutto sulle piantine da vivaio non si notano i sintomi della malattia, se non attraverso analisi. Le più colpite sono le varietà d´actinidia gialle. La Nuova Zelanda, culla del kiwi, sta espiantando questo cultivar che rappresenta il 25 per cento della sua produzione. Insomma, quando c´è una possibilità di inoculo basta nulla perché il cancro dell´actinidia penetri e, se poi l´infezione è estesa, determini l´estirpazione del frutto». Il tecnico della Soi spiega che per scoprire vita, morte e miracoli della betteriosi sono al lavoro cinque istituti di ricerca italiani. Quanto al futuro del kiwi, Febi nutre speranze: «Sembra che la Psa abbia antagonisti naturali. In ogni caso si dovrà convivere con la malattia. Fondamentale è che l´agricoltore sia consapevole dei sintomi e provveda lui stesso alle cure quando la batteriosi è in fase iniziale».
La legge regionale
E´ la legge regionale 50 del 1993 a dettare le norme per la protezione della fauna selvatica destinata al prelievo venatorio. L´articolo 28 demanda a un fondo costituito da Venezia far fronte ai danneggiamenti da animali selvatici. Proprietari e conduttori dei terreni sono tenuti a denunciare i danni subiti a un comitato di esperti. In base alla ripartizione del fondo stabilita dalla giunta regionale, le Province provvedono poi a distribuire gli indennizzi. La Regione rimborsa il 100 per cento delle spese di prevenzione. «In media, però, i ristori coprono circa il 20 per cento del danno subito», mette in guardia l´Ufficio provinciale preposto alla tutela faunistica, giustificando gli scontenti tra chi in vario modo è colpito dalle incursioni di animali selvatici. Belli da vedere ma poco amati, se l´80 per cento del danno deve pagarlo chi l´ha avuto.
Pochi focolai individuati nel Veronese
Nel veronese i primi casi di batteriosi sono stati accertati nel 2010. I 3.000 ettari coltivati a kiwi raccolgono il 90% della produzione veneta. I dati sono forniti da Tiziano Visigalli, dell´Unità fitosanitaria regionale. Il tecnico spiega che quest´anno il servizio ha monitorato 250 ettari di superficie coltivata, riscontrando sintomi del cancro batterico in una cinquantina delle cento aziende veronesi visitate, undici delle quali hanno dovuto ricorrere all´espianto perché colpite in maniera consistente dalla batteriosi.
«I maggiori focolai sono stati rilevati nella zona sud-occidentale della provincia, nei Comuni di Sona, Villafranca e Valeggio sul Mincio, dove il kiwi ha sostituito progressivamente il pesco», spiega ancora Visigalli. «Altri casi sono emersi nella zona sud-est della provincia, Zevio compreso». Nei vivai la legge prevede l´estirpazione del lotto infetto e il blocco dei terreni contermini. «Rispetto ad altre Regioni, la situazione veneta non è drammatica», aggiunge il tecnico. «Più di un migliaio i casi di cancro batterico già emersi nel Lazio, 200-300 quelli registrati in Piemonte, oltre un centinaio in Emilia Romagna.
A Verona la malattia è puntiforme e a basso numero di casi. Che, tuttavia, potrebbero aumentare se l´inverno sarà freddo: il gelo provoca ferite alle piante e così il batterio entra in circolo. Com´è noto, cure efficaci contro la Psa non ce ne sono. Quindi contiamo molto su prevenzione e interventi sanitari tempestivi, diffondendo la conoscenza della malattia attraverso incontri con i coltivatori».P.T.
Piero Taddei – L’Arena – 11 dicembre 2011