La Stampa. Li vuole guardare in faccia, ascoltarli e rispondere in prima persona. Per questo Mario Draghi ha deciso di partecipare all’incontro di oggi pomeriggio con i presidenti delle Regioni. L’obiettivo è superare le divisioni e le incomprensioni, dopo la strigliata del premier sulle differenze nella gestione della campagna vaccinale nei vari territori. Perché è fondamentale lavorare compatti per imprimere il cambio di passo alle vaccinazioni e condividere le misure da inserire nel nuovo decreto che sarà approvato entro venerdì e che, di fatto, confermerà le regole in vigore, a parte la riapertura delle scuole fino alla prima media anche in zona rossa.
Il compromesso interno alla maggioranza, in particolare con l’ala leghista, dovrebbe prevedere una sorta di verifica a metà aprile per valutare le possibili ulteriori riaperture, in base all’andamento dell’epidemia. Su questo, però, non ci sarà grande dibattito con i governatori. Il tema centrale sono i vaccini, la necessità di «dare una cornice uguale per tutte le Regioni», come ha spiegato Maria Stella Gelmini: «Un governo di unità nazionale ha senso se crea unità non solo a Roma ma anche sui territori», ha detto (a «Che tempo che fa», su Rai1) la ministra degli Affari regionali, che parteciperà alla riunione di oggi con il collega della Salute, Roberto Speranza, il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, e il commissario per l’emergenza Covid, Francesco Figliuolo. Secondo Gelmini si punta a «passare dalle 250 mila alle 300 mila somministrazioni di vaccini al giorno già in questa settimana», mentre sull’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari «deve esserci una regola unica valida in tutta Italia». Di certo, il messaggio del governo alle Regioni è chiaro: non si può sbagliare più e, se necessario, lo Stato è pronto ad intervenire a supporto con militari e volontari. Le Regioni porteranno le loro richieste, prima tra tutte la redistribuzione delle dosi in base alla popolazione. «C’è bisogno di stringere i bulloni» dice il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, protagonista di uno scontro a distanza con il collega della Campania Vincenzo De Luca che si è mosso in autonomia per acquistare il vaccino russo Sputnik V. In qualità anche di presidente della Conferenza Stato-Regioni, Bonaccini si è schierato al fianco di Draghi, che ha già sconsigliato fughe in avanti. «Nessuna regione italiana può comprare vaccini senza l’autorizzazione di Ema o Aifa», ha detto intervistato a «Mezz’ora in più». «Se una Regione acquistasse da sola i vaccini, il generale Figliuolo chiederebbe che i sieri in arrivo vengano suddivisi per tutti gli italiani. Siamo una nazione, non venti piccole patrie». De Luca però non ci sta. Il suo, sostiene, è un accordo legittimo con un fondo russo, ottenuto attraverso l’ambasciata italiana a Mosca, e resterà congelato fino all’approvazione dell’Ema e dell’Aifa. Chiede piuttosto al governo, e lo farà anche oggi in Conferenza Stato-Regioni, che «anziché raccontare numeri a vanvera, si impegni a fare in modo che l’Aifa verifichi i vaccini in tempi rapidi, non nell’arco di mesi». Il governatore campano non cita mai Sputnik, ma il riferimento è chiaro quando parla di «vaccini che sono stati già somministrati a milioni di persone, di cui si può tranquillamente testare l’efficacia in un mese, non in sei». De Luca non è l’unico. Oltre al Lazio di Nicola Zingaretti, che ha avviato una sperimentazione su Sputnik all’istituto Spallanzani, almeno tre governatori leghisti sono pronti a seguirlo. Si è mostrata interessata la presidente dell’Umbria, Donatella Tesei, mentre la Sardegna di Christian Solinas si è mossa per chiedere informazioni sul siero russo. E Luca Zaia, dal Veneto, promette: «Quando il vaccino Sputnik sarà autorizzato lo acquisteremo. Oggi ho appreso che le Regioni possono farlo direttamente», dice riferendosi al contratto firmato da De Luca. «Trovo corretto – ha aggiunto – che una Regione possa comprare i vaccini». Insomma il fronte dei ribelli dello Sputnik è quanto mai aperto, oggi Draghi proverà a chiuderlo una volta per tutte. —