Il testo in commissione alla Camera: gli immobili saranno misurati in metri quadri per rendite più vicine a quelle reali
ROMA — Stop ai vani catastali superati dall’introduzione del metro quadrato. Questo il caposaldo della riforma del catasto attualmente all’esame della Commissione Tesoro della Camera che permetterà di eliminare forti sperequazioni catastali. Finora il sistema dei vani produce la medesima tassazione per due abitazioni con superfici notevolmente diverse. Creando differenze del 30%-40% della tassazione attuale. Ora ciascuna unità immobiliare sarà dotata di due specifici parametri di riferimento: il valore patrimoniale e la rendita catastale. Per determinare il primo, si dovrà partire dal valore di mercato al metro quadrato (potrebbero essere utilizzati i dati OMI-Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’ex Agenzia del Territorio che, a livello nazionale, sono superiori di 3,85 volte rispetto agli attuali valori catastali) e su questo applicare tutta una serie di coefficienti di differenziazione: anno di costruzione, altezza del piano, dotazione ascensore, riscaldamento centrale o autonomo.
Per individuare la rendita catastale invece si partirebbe dal valore locativo al metro quadrato, con l’applicazione di una detrazione corrispondente agli oneri sostenuti dal locatore (manutenzione straordinaria, assicurazione). Confedilizia evidenzia che l’applicazione pura e semplice dei valori OMI produrrebbe effetti “allucinanti” perché non sarebbero rilevati sul territorio sulla base di affitti accertati, bensì ricavati — rileva Confedilizia — attraverso un coefficiente non noto applicato al valore dell’immobile. Per garantire la cosiddetta «invarianza del gettito» delle singole imposte verrebbero modificate le aliquote impositive, introdotte deduzioni, detrazioni e franchigie.
Purtroppo, l’innalzamento uniforme del moltiplicatore da 100 a 160 (ai fini della determinazione della base imponibile Imu) è risultato fonte di ulteriori iniquità. Il documento del Ministero dell’Economia contenente le diverse ipotesi di soluzione del“problema” Imu ricorda che una revisione del Catasto avrebbe effetti positivi sul piano distributivo, poiché l’attuale divario tra rendite catastali e valori di mercato appare assai ampio e tale da generare «fenomeni di iniquità» con tendenza «a favorire i contribuenti più ricchi».
I comuni avevano già strumenti normativi che permettessero di ridurre l’attuale diffusa sperequazione catastale, ad esempio fra centro e periferia, soprattutto nelle grandi città. Ma le procedure di aggiornamentodelle rendite catastali previste dalla Finanziaria per il 2005 hanno avuto scarsissima applicazione: solo 17 comuni hanno chiesto al catasto di attivare questa normativa. In sintesi, questa norma prevede il riclassamento di intere microzone dei territori comunali nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosti significativamente. Sulla base di questa normativa, il Comune di Roma ha avviato un’operazione di riclassamento che ha riguardato le zone di pregio della capitale che si è conclusa nei mesi scorsi. E i risultati non sono mancati. Su 223.407 immobili esaminati (145.368 residenziali) o utilizzati per attività economiche, il 78,3% (174.846) ha visto una modifica della propria rendita catastali. Le nuove rendite attribuite non costituiscono un aggravio della pressione fiscale sugli immobili, ma sono l’eliminazione di un ingiustificato beneficio di cui quegli immobili hanno usufruito fin dall’istituzione dell’Ici nel 1993.
Repubblica 18 agosto 2013