La Stampa. Dopo ammortizzatori sociali e fisco il governo apre un altro cantiere, quello delle pensioni. Di qui a 5 mesi finisce infatti la sperimentazione di «Quota 100» e sono sempre più forti le pressioni, innanzitutto dei sindacati ma anche delle forze politiche, affinché si mettano in campo nuovi meccanismi di uscita flessibile dal lavoro. Si vuole infatti evitare il ritorno brusco ai 67 anni, il famigerato «gradone» del 2022 .
Andrea Orlando ha già detto di voler puntare ad una «riforma complessiva» della previdenza e oggi il ministro del Lavoro incontrerà le delegazioni dei sindacati confederali guidate dai tre segretari generali per aprire ufficialmente il tavolo di confronto e poi fare il punto sugli altri temi «caldi», dalla riforma degli ammortizzatori alla sicurezza sul lavoro, all’impiego del Green pass. Cgil, Cisl e Uil avanzano innanzitutto due richieste: la possibilità di uscita flessibile a partire dai 62 anni senza ricalcolo contributivo oppure con 41 anni di contributi per tutti a prescindere dall’età. Nel menù, oltre all’allargamento ad altri lavori disagiati dell’Ape sociale e alla conferma di Opzione donna, potrebbero poi finire le pensioni di garanzia per i giovani, nuove tutele per le fasce più fragili e nuovi sgravi a favoredella previdenza integrativa.
Il problema (come sempre) sono le risorse, han già fatto capire dal Tesoro. Basti pensare che il solo intervento su Ape sociale e Opzione donna potrebbero costare tra 500 milioni ed un miliardo di euro. Mentre per le altre soluzioni proposte dai sindacati si parte con 2-4 miliardi per arrivare a 9 a fine decennio.
IL SERVIZIO Il Cantiere delle Pensioni – La Stampa