«La realtà è che ci stiamo facendo del male da soli. E che i danni vanno limitati se non vogliamo veder peggiorare la situazione». Sentirlo dire da Giuseppe Opocher, direttore scientifico dello Iov, l’istituto oncologico veneto, non tranquillizza di certo. A maggior ragione se buona parte dei dati allarmanti per la «salubrità dell’aria» della pianura padana e dunque per i cittadini del Veneto arrivano dritti dritti dalla Cop21, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che vede in questi giorni riuniti a Parigi 150 leader mondiali. In tanti la considerano l’ultima chiamata per salvare il Pianeta.
Se così fosse, il Veneto dovrà correre molto più velocemente del previsto. E questo perché in un già catastrofico posizionamento in Europa dell’Italia, dove l’inquinamento atmosferico fa più morti in numero assoluto che in ogni altro Paese europeo, il Veneto si posiziona tra le regioni che si contendono la maglia nera della Nazione.
Secondo l’agenzia europea dell’ambiente nel nostro Paese nel 2012 ci sono stati 84.400 decessi prematuri causati dallo smog su un totale di 491 mila nella Ue. I dati raccolti dal Registro tumori del Veneto, che è ancora incompleto e mappa ad oggi solo una parte della Regione, indicano invece 3.200 decessi ogni triennio per tumore al polmone. «Sono numeri importanti – dice Opocher – la nostra zona ha un problema di inquinamento molto serio e la cosa ha un impatto sulla salute dei cittadini che si tocca con mano». In Veneto, nei maschi il tumore del polmone è il secondo tumore più frequente, nelle femmine è il terzo più frequente. E il rapporto tra donne e uomini sta variando. Negli ultimi anni il numero di casi di tumore al polmone è diminuito per gli uomini e aumentato per le donne. «La politica della prevenzione ha aiutato certamente e così le migliori capacità diagnostiche – dice Opocher – allo stesso modo i dati delle donne sono invece in aumento anche perché sono aumentate le donne fumatrici». Accanto agli stili di vita, però, ci sono i fattori inquinanti dell’aria. Che in Veneto contribuiscono in modo rilevante. «C’è una grande mobilitazione per il clima, qui alla Cop21, perché c’è una vera e propria emergenza – ha detto da Parigi il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – la pianura padana è una di queste emergenze». I maggiori danni per la salute, secondo il rapporto Cop21, arrivano infatti dalle micropolveri sottili (le Pm10 e Pm2,5) e la zona più colpita in Italia è proprio la pianura Padana, per una particolare conformazione morfologica. Ma anche il benzo(a)pirene colloca il Veneto secondo una tabella diffusa proprio in questi giorni alla Cop21 in una situazione molto simile a quella della Polonia e della Repubblica Ceca. «Nelle zone dell’Europa dell’est c’è però quello che viene chiamato il “triangolo del carbone”, un’industria molto impattante. – spiega Salvatore Patti, responsabile dell’osservatorio regionale aria Arpav Veneto – da noi no. Da noi la fonte di inquinamento maggiore per le polveri sottili è il riscaldamento domestico: caminetti, legna per combustione».
Secondo i dati della rilevazione dell’Arpav in inverno la provenienza delle polveri sottili soltanto per 1/5 è attribuibile al traffico. Per poco meno del 50% a Venezia (e la cifra arriva al 90% a Belluno, al 60% a Padova) il Pm10 deriva dalla combustione. Insomma i passi da fare sono ancora moltissimi. «A livello locale le cause principali sono l’uso dei combustibili fossili per il riscaldamento e il traffico – dice Carlo Carraro professore di Economia Ambientale, Università Ca’ Foscari Venezia e Direttore dell’International Center for Climate Governance – nel primo caso una strada potrebbe è quella di aumentare l’efficienza energetica degli edifici, incentivando il fotovoltaico che ormai costa come il fossile. La Regione dovrebbe poi spingere sull’uso delle auto ibride ed elettriche. In Norvegia la Tesla è l’auto più venduta in questo momento. In Georgia lo Stato dà incentivi a chi le acquista. Non è così complicato».
Alice D’Este – Il Corriere Veneto – 2 dicembre 2015