Il calo dei contagi non convince i medici. Il presidente dell’Ordine Leoni: “Io manterrei le restrizioni della zona arancione”
Come all’inizio della seconda ondata. L’arancione e il rosso, che accompagnano le nostre giornate da ormai quasi un mese, hanno portato con sé dati tutti al ribasso. Tranne uno: i decessi. Calano i nuovi contagi, cala il numero dei posti letto occupati in area medica e di quelli occupati in Terapia intensiva. Numeri, quelli
Scassola (Fimmg): “Una fase di svolta troppo delicata Sacrifici necessari” sul fronte ospedaliero, che ci riportano indietro di un paio di mesi. Quando la seconda ondata iniziava a fare paura.
Quanto invece ai contagi, il paragone viene più difficile. D’altra parte, questi mesi hanno segnato una corsa senza sosta, scandita da aumenti esponenziali. Per toccare i primi mille tamponi positivi è stato necessario un mese; poi un paio di settimane per contarne un altro migliaio; per arrivare ai tremila, altri quattro mesi: il sollievo dell’estate. Quindi, da metà ottobre, è stata un’impennata: tre settimane (dal 13 ottobre al 6 novembre) per 5 mila casi, e poi appena 20 giorni per altri 10 mila casi, altri 20 giorni per altri 10 mila e 15 per gli ultimi 10 mila.
Ora, l’arancione e il rosso hanno azionato il freno a mano. Per questo i medici veneziani, tutti, chiedono a gran voce che oggi, con la nuova colorazione dell’Italia, il Veneto rimanga in zona arancione. “Il calo dei contagi deriva dalle restrizioni di Natale, con benefici che si manifestano adesso. Per questo io manterrei le restrizioni della zona arancione” commenta Giovanni Leoni, presidente veneziano dell’Ordine dei medici. “L’area gialla dobbiamo meritarcela per il futuro, ma attualmente il carico di pazienti Covid negli ospedali è ancora molto importante. Prima serve una decisa e prolungata inversione di tendenza perché la pandemia, per il momento, si combatte ancora con mascherine e distanziamento sociale. I vaccini sono una speranza per il futuro”. Concorda il presidente veneto della Fimmg Maurizio Scassola: “Questa è una fase di svolta talmente delicata che invito tutte le autorità a essere molto decise e determinate. È necessario continuare a fare
Crisanti: “Se torniamo in fascia gialla e con le scuole aperte vanifichiamo gli sforzi” qualche piccolo sacrificio per altre due – tre settimane. Volendo essere draconiani, andrebbe chiuso tutto. Io non me la sento di spingere per una decisione simile, perché ci sono anche delle responsabilità economiche. Ma la zona arancione è necessaria”. Unica voce parzialmente fuori dal coro è quella di Paolo Sartori, segretario veneto del sindacato di area radiologica. Non si sbilancia nello scegliere tra zona gialla e arancione (“Ci sono talmente tanti parametri. Non sono in grado di dare un giudizio”), ma esclude il castigo più pesante: “Con i dati attuali, la zona rossa sarebbe assolutamente ingiustificata. La situazione rimane difficile, ma negli ospedali c’è meno pressione”. Non ha dubbi, invece, Andrea Crisanti: “La zona arancione mi sembra adeguata ai numeri attuali. Se torniamo in zona gialla, con la riapertura delle scuole, allora dobbiamo attenderci una ripresa dei contagi tra 15 giorni, con il ritorno al punto di partenza”. E prudenza arriva anche dalle parole dal direttore generale della sanità veneta, Luciano Flor: “La cautela è ancora necessaria. I contagi sono in calo, ma restano elevati. L’arancione consente di tenere la gente ferma”. Per non vanificare gli ultimi sforzi, i medici veneziani (e veneti) chiedono la zona arancione.