Il caso Escherichia coli, la gestione dell’emergenza, il funzionamento del sistema Rasff, la fondatezza dell’allerta, i dubbi che le risposte ufficiali al mistero del “batterio killer” sollevano. Caso risolto? Sembrerebbe proprio di no. Almeno a giudicare dagli argomentazioni riportate, da due diverse angolature, dagli articoli (che pubblichiamo di seguito) apparsi in questi giorni su Panorana “Sbatti il batterio in ultima pagina” e Italia Oggi “Falle nel sistema di allerta, il caso Escherichia coli chiama in causa il Rasff”. Il primo affronta le perplessità circa la felice conclusione del “caso” e l’individuazione della fonte sospetta (i semi di fieno greco provenienti dall’Egitto: ma dove è avvenuta la contaminazione?).
Il secondo tocca il tasto della fondatezza dell’allerta, della riservatezza e della necessità di attendere conferme piene prima della pubblicazione. Due letture interessanti che interpretano le perplessità di tanti. (testo a cura di c.fo.)
Sbatti il batterio in ultima pagina
La risposta ufficiale al mistero dell’emergenza sanitaria solleva più dubbi di quanti ne risolva.
Colpevole rintracciato, mistero risolto. Acqua passata. Così sembrerebbe a giudicare dalla sparizione dal radar dei media della vicenda del batterio killer, il raro ceppo di Escherichia coli responsabile a oggi di una cinquantina di morti e di 4 mila infezioni gravi in Germania. La settimana scorsa un rapporto dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha indicato il probabile colpevole: una partita di semi di fieno greco proveniente dall’Egitto. L’Unione Europea ha bandito fino a fine ottobre l’importazionee ordinato il ritiro di quelli già in commercio. Caso risolto? Alcuni esperti non lo pensano affatto. Nel ricostruire gli anelli della catena che avrebbe portato il temibile Escherichia coli sierotipo O104:H4 nel piatto di ignari consumatori, la task force Efsa ha solo ragionato sulla carta.
In pratica, in base al principio della rintracciabilità, si è cercato a ritroso il possibile legame tra le persone infettate in Germania nella zona di Amburgo e quelle colpite, in modo indipendente, nei pressi di Bordeaux in Francia. Il link sospetto si è rivelato appunto il lotto numero 48088 di semi di fieno greco, spedito via nave in Germania dall’Egitto nel 2009 e distribuito da un importatore tedesco a varie aziende di paesi europei, tra cui la Gärtnerhof della Bassa Sassonia indicata (dopo l’assoluzione dei cetrioli spagnoli) come origine del contagio, e una ditta inglese che avrebbe confezionato e fornito a sua voltai semi al centro di giardinaggio francese all’origine dell’epidemia d’oltralpe.
Un giro tortuoso. E molti dubbi. Gli stessi autori del rapporto, pur affermando che nella loro ipotesi la contaminazione ci deve essere stata prima dell’arrivo dei semi in Germania, dichiarano che «rimane una questione aperta dove sia esattamente avvenuta». Anche perché il batterio incriminato non è mai stato finora trovato né nelle analisi fatte in Germania né in Egitto. Altri elementi non tornano. Il lotto incriminato è costituito da 15 tonnellate di semi. Solo 75 chili sono andati a finire nell’azienda della Bassa Sassonia. Mentre l’origine dell’epidemia in Francia sarebbe un unico pacchetto da 50 grammi acquistato per produrre in casa germogli consumati a una festa. Perché solo una quantità così modesta ha provocato l’epidemia? «Suona molto strano» osserva Antonello Paparella, docente di microbiologia degli alimenti all’Università di Teramo. Anche se ci possono essere motivi che lo spiegano. Secondo Gaia Scavia, epidemiologa dell’Istituto superiore di sanitàe tra gli autori del rapporto Efsa, «è verosimile chei semi non siano neppure arrivati al consumo umano o, se ci sono arrivati, che siano stati trattati con procedimenti che ne hanno distrutto la carica batterica». Tradotto: in alimenti cotti o pastorizzati. Ma c’è dell’altro. «Nell’ipotesi Efsa» dice Paparella «dato che i semi sono del 2009, il batterio sarebbe rimasto vitale per due anni, mentre la letteratura scientifica indica che sopravvive al massimo alcuni mesi». Come si spiega? E dove sono ora i semi? Sono ancora sul mercato? Domande per ora senza risposta.
Panorama – 14 luglio 2011
Falle nel sistema di allerta, il caso Escherichia coli chiama in causa il Rasff
L’Ue affronta il tema della sicurezza attraverso la strategia integrata che consiste in una serie di misure legislative, monitoraggio e comunicazioni continue.
Il tutto secondo il motto «from farm to fork» (dalla fattoria alla tavola) e in stretta collaborazione con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Uno dei punti cardine di questa strategia è il Rasff (Rapid alert system for food and feed) che consiste in un sistema rapido di scambio di informazioni, per il coordinamento delle azioni di risposta alle minacce per la sicurezza alimentare. Quando un membro del Rasff viene in possesso di informazioni riguardanti un rischio sanitario grave derivante da alimenti o mangimi per animali è tenuto a informare immediatamente la Commissione europea tramite il sistema.
Dal Rasff sono partiti tutti i casi di allerta degli ultimi trenta anni, dal vino al metanolo alla mucca pazza, fino al caso del batterio killer E-coli. È proprio su quest’ultimo esempio che vogliamo fare una riflessione. Circa tre mesi fa la Germania ha pubblicato l’allerta E-coli collegandola a una partita di cetrioli di provenienza spagnola.
Dopo alcuni giorni, la notizia è stata smentita e altri allarmi sono stati pubblicati su soia, fagioli, semi e hamburger. In quest’ultimo caso è trapelato anche il nome della ditta produttrice e di quella distributrice. Nonostante ciò, il primo allarme riguardante i cetrioli spagnoli era ancora presente nel database Rasff fino a pochi giorni fa.
È evidente che il sistema ha qualche falla: la fondatezza scientifica dell’allerta non è stata sufficientemente dimostrata. L’Unione europea deve fare chiarezza sulle responsabilità cercando di capire se l’errore è imputabile al punto di contatto tedesco o alla procedura di funzionamento. In questo caso, occorre rivedere il sistema e ci chiediamo se il livello di riservatezza delle informazioni contenute nel database Rasff non debba essere aumentato, almeno fino a quando l’allerta non sia pienamente confermata.
Vale la pena ricordare, infine, che i danni economici direttamente imputabili al primo allerta sono stati stimati in oltre 400 milioni di euro solo in Germania, Spagna e Italia (primo esportatore di ortofrutta del mercato tedesco).
Per non parlare delle perdite economiche relative al calo degli ordinativi di ortofrutta per la campagna estiva che si stanno contando in questi giorni. Al di là del sistema di allerta, forse l’insegnamento più importante che l’intera vicenda ci lascia è la presa di coscienza della necessità di pensare a un nuovo modo di comunicare tra impresa e consumatore.
Il mondo dell’agroalimentare ha bisogno di ristabilire un nuovo equilibrio nella comunicazione che riguarda la sicurezza, si deve creare un nuovo patto con il consumatore che vada oltre posizioni demagogiche e che parli chiaro sulla base dell’evidenza scientifica dei fatti. La fiducia verso il mondo produttivo deve essere alla base delle scelte del consumatore.
ItaliaOggi – 9 luglio 2011