Che cosa abbia spinto mamma Caretta sino alla spiaggia di Scarlino, in quel tratto di Maremma trasfigurata da un autunno tiepido per deporre il più atipico dei nidi, nessuno ancora sa spiegarlo. Neppure i biologi e gli ambientalisti dell’Università di Siena che hanno assistito nei primi giorni d’ottobre alla schiusa delle uova e hanno seguito i ventidue piccoli di tartaruga fino al mare, salvandone alcuni in difficoltà.
Un evento eccezionale per la Toscana, il Nord più estremo della nidificazione della specie, ma non l’unico. Pochi giorni prima altre venti tartarughine erano nate quasi sotto gli ombrelloni del litorale di Roseto degli Abruzzi e il sindaco aveva dovuto firmare un’ordinanza, forse la prima al mondo, di divieto di balneazione per consentire ai neonati di raggiungere il mare.
Due storie di ordinaria eccezionalità e l’ossimoro descrive perfettamente l’incredibile stagione italiana delle Caretta caretta, specie fortemente minacciata e che, a sorpresa, quest’anno ha registrato un incremento dei nidi e dunque della popolazione di almeno un 30-40%. «E sono dati parziali perché molti sono i nidi che restano nascosti — spiega Antonio Mingozzi, docente di Zoologia al dipartimento di Biologia, ecologia e scienze della Terra dell’Università della Calabria —. Stimiamo che solo in Calabria siano nati quest’estate almeno 1.500 esemplari».
Il professor Mingozzi guida un’équipe di una decina di ricercatori del progetto Tarta-Care che da quattordici anni studia la nidificazione di questi animali soprattutto sulle coste della Calabria, uno dei paradisi della loro riproduzione. «In meno di quattordici anni abbiamo registrato diecimila nascite – spiega Mingozzi – ma questa estate c’è stato un balzo in avanti. Mare più caldo e pulito? Stagione climaticamente perfetta? Oggi il fenomeno è ancora scientificamente inspiegabile anche se naturalmente benaugurante. E tutto questo nonostante in molte spiagge si continui a usare ruspe e bulldozer per spianare la sabbia che distrugge i nidi e le dune importanti anch’esse per la riproduzione».
Dai primi dati scientifici si calcola che quest’anno le tartarughe abbiano nidificato in Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Sardegna ed, eccezionalmente, in Abruzzo e Toscana.
«Io sono quasi certo che vi siano nidi anche in Versilia — dice il biologo marino Silvio Nuti, responsabile del centro Cetus —. Mai come quest’anno ho incontrato in mare questi animali straordinari che si sono avvicinati in quel tratto del Parco di Migliarino-San Rossore chiuso alle viste».
La nascita delle tartarughe è diventata quest’estate anche un’attrazione mediatica. In più di settecento hanno partecipato a Bonifati, sulla costa cosentina, al rito della schiusa. Le uova si sono mosse impercettibilmente. Tremori e crepature. Sussurri e fruscii. E infine l’impossibile nursery è apparsa. Macchie indistinguibili sulla sabbia, movimenti lenti, armonie delle forme. E quella volontà universale che ha spinto gli animali a cercare la sopravvivenza muovendosi uniti verso il mare. Qualcuno ha gridato dalla gioia, altri si sono commossi.
Il professor Mingozzi e i suoi ricercatori hanno realizzato una mappa degli spostamenti delle mamme-tartaruga. «Montiamo sul loro carapace un dispositivo satellitare — spiega il docente — che ci racconta il loro percorso. Vivono nel mare della Tunisia, ma tornano sempre qui a nidificare. La cosa sorprendente, come ci ha raccontato il loro Dna, è che sono geneticamente differenti da tutte le altre popolazioni mediterranee». In gravissimo pericolo d’estinzione, sino ad oggi, ma adesso per un misterioso gioco della natura e della vita con una popolazione in aumento. Se sarà solo un raggio di sole, lo sapremo tra qualche anno. «Adesso godiamoci lo spettacolo della vita e cerchiamo di essere ancora più attenti a rispettare il loro habitat», raccomandano Mingozzi e la sua squadra.
Marco Gasperetti – Il Corriere della Sera – 12 ottobre 2013