Palazzo Chigi potrebbe pagare la borsa di studio mai versata a chi si è specializzato tra l’82 e il ’91 dopo la condanna della Ue. Assalto ai tribunali: molti i professionisti che sono già stati risarciti.
120mila risultano essere complessivamente i medici che avrebbero ancora diritto a essere rimborsati da Palazzo Chigi per gli assegni mai ricevuti
Nelle vecchie borse di studio dei camici bianchi si nasconde una tegola pesantissima per il governo. In pratica Palazzo Chigi rischia di dover sborsare una cifra colossale: circa 4 miliardi di euro per non aver riconosciuto ai medici che hanno frequentato le scuole di specialità, tra il 1982 e il 1991, le borse di studio cui invece avevano diritto. Un vero e proprio tesoro: praticamente tutta la quota di gettito dell’Imu, entrata nelle casse dello Stato. Tutta colpa di una raffica di direttive europee che imponevano allo Stato di dare «adeguata remunerazione» ai medici specializzati. Il legislatore italiano, tuttavia, non s’è adeguato alle norme Ue per tempo e la Corte di giustizia Ue ci ha condannato: «Avete lasciato fuori tutti quelli che si sono specializzati tra I’82 e il ’91».
Naturalmente molti medici hanno cominciato a prendere d’assalto i tribunali per richiedere quanto spettava loro e il risarcimento del danno. Altrettanto naturalmente sono fioccate le prime sentenze, tutte favorevoli ai medici. La presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Economia hanno quindi cominciato a staccare assegni su assegni per indennizzare i camici bianchi ingiustamente non remunerati. Ma vediamo qualche cifra, girata al giornale dall’associazione Consulcesi, la più grande associazione italiana che tutela decine di migliaia di nostri medici. La sola Consulcesi, ad oggi, ha portato in tribunale, vincendo a mani basse, 3.280 casi. E il governo è stato costretto a sborsare 204.600.000euro. Nel 2006 lo Stato ha pagato 34 milioni; nel 2010, 6 milioni e mezzo; nel 2011, 106 milioni e mezzo ecc…
Non solo: considerando che per tutti i ricorrenti è stata fatta richiesta in Corte d’Appello e/o Cassazione delle differenze nell’importo assegnato degli interessi e della rivalutazione monetaria, Palazzo Chigi rischia di pagare ulteriori 177.600.000 euro. Totale: 382.200.000 euro. Non è finita qui: gli associati che hanno cause in corso sono ben 32.127 e se tutti – come prevedibile- dovessero vincere, peri i governo sarebbe un bagno di sangue, reso ancora più doloroso dal fatto che si stima siano in tutto 120mila i medici da rimborsare.
Il tutto in un periodo in cui lo Stato non ha più un becco di un quattrino; lo spread fa pagare salatissimi interessi sul debito pubblico; il gettito cala perché le tasse montiane hanno spremuto così tanto i cittadini che non si contano i fallimenti e quindi la platea dei contribuenti s’è ridotta; la cura dimagrante della pubblica amministrazione impone tagli draconiani. Eppure la legge è legge e presumibilmente si dovrà pagare.
A meno che… Si cambi la legge. A prendersi a cuore la questione è stato il senatore del Pdl, Stefano De Lillo. Il quale s’è fatto promotore di un disegno di legge volto a chiudere la partita coni medici senza troppi danni per nessuno: né per i camici bianchi e i loro diritti, né per le casse dello Stato, già drammaticamente a secco. La sua proposta parla di un rimborso forfettario per tutti i medici ancora in attesa e che hanno già intrapreso una causa. Proprio una settimana fa il provvedimento è stato incardinato e discusso in commissione cultura del Senato e adesso si aspetta il parere della commissione bilancio. Nel dettaglio, De Lillo propone un rimborso forfettario di 20mila euro a testa per ogni annodi corso, senza interessi né rivalutazione delle somme. «Questa iniziativa è l’unica che possa garantire allo stesso tempo sia i legittimi interessi dei medici che non hanno ricevuto quanto loro dovuto, sia l’esigenza dello Stato di contenere i costi – spiega al Giornale –c osi, l’Italia riconosce il diritto sancito dall’Unione europea, intraprendendo la sola strada possibile per dirimere la questione. Sempre che anche il governo Monti abbia voglia di risolvere il rebus e non scaricare la patata bollente nelle mani del prossimo esecutivo».
Il Giornale – 16 luglio 2012