I tagli alla sanità veneta? Una fake news. Alla regione è andata una quota sempre crescente: 8.488 miliardi nel 2015,8.585 milioni nel 2016 e 8.647 nel 2017». Così il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin in una lunga intervista sul Corriere del Veneto di oggi.
Beatrice Lorenzin, lei conclude il mandato come ministro della Salute più longevo (5 anni) e con lei il Servizio sanitario nazionale compie 40 anni. Molto lavoro è stato fatto, ma ci sono ancora diversi nodi da sciogliere: le liste d’attesa, il superticket di 10 euro che negli ultimi anni ha indotto i veneti a rinunciare a 2,5 milioni di prestazioni specialistiche, il definanziamento della sanità, che le è costato attacchi costanti da parte di Palazzo Bulbi.
«Un punto dev’essere chiaro: in tema di Sanità lo Stato co-finanzia, programma, monitora e fissa gli obiettivi, ma scelte operative e gestione sono di competenza delle Regioni. Detto questo, il “definanziamento della sanità” è una fake news, il Fondo sanitario nazionale dal 2013 ad oggi è cresciuto di circa 7 miliardi. Dato confermato nel 2018 (+819 milioni sul 2017) e nel 2019 (+1 miliardo). Al Veneto è andata una quota sempre crescente: 8.488 miliardi nel 2015, 8.585 milioni nel 2016 e 8.647 nel 2017. Quanto al superticket le Regioni possono scegliere in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi di equilibrio finanziario. Nello specifico, la Regione Veneto ha deciso di adottare misure alternative di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. Le scelte fatte sono state di natura politica e sono state prese a livello regionale. Sulle liste d’attesa il Veneto ha adottato un proprio piano per garantire gli standard previsti e i risultati indicano una performance positiva sulle otto prestazioni di riferimento: visita ortopedica, oculistica, cardiologica, Tac torace, Risonanza magnetica della colonna vertebrale, mammografia, ecografia ginecologica, Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici. Aggiungo: dov’era il Veneto quando in questi anni chiedevo più risorse e le Regioni hanno preferito averne di più su altri capitoli di spesa?».
Lei ha vinto il lungo braccio di ferro per il ritorno all’obbligatorietà vaccinale, tema molto sentito in Veneto, unica ragione ad averla abolita nel 2007, culla dei no vax e terra di medici radiati e sospesi.
«La scelta di estendere l’obbligo da 4 a 10 vaccinazioni è stata dettata da solide evidenze scientifiche su efficacia e sicurezza di tale forma di prevenzione e dal calo preoccupante delle coperture, accompagnato da un’epidemia di morbillo che nel 2017 in Italia ha registrato 5 mila casi e 4 decessi. Non la definirei una battaglia con il Veneto, ma una legittima reazione ad un ricorso privo di fondamento e strumentale, come hanno dimostrato prima il parere del Consiglio di Stato e poi la sentenza della Corte Costituzionale».
Oltre 60 sindaci veneti, con il vicentino del Pd Achille Variati in testa, chiedono la proroga a fine anno scolastico del termine del 10 marzo per presentare la certificazione vaccinale a scuola. Cosa risponde?
«Ribadisco che non ci sarà alcuna proroga. Unica deroga, come già scritto all’Anci, sarà per chi dimostrerà di aver prenotato i vaccini entro il 10 marzo anche se la somministrazione è stata fissata dall’Usl successivamente. Non accetto sotterfugi messi in campo per boicottare la legge e che mettono a rischio la salute dei bambini».
Pfas: è in atto un ennesimo braccio di ferro con il Veneto per la plasmaferesi. Prima gli ispettori a Palazzo Balbi, ora lei dice che lavorate a un protocollo condiviso, la Regione nega.
«La questione relativa all’utilizzo della plasmaferesi terapeutica per la rimozione dei Pfas dal sangue ha richiesto un chiarimento dell’Istituto Superioree di Sanità e del Centro nazionale sangue, poiché le informazioni circolate hanno creato confusione e preoccupazione anche tra i donatori di sangue. Solo lo scambio plasmatico, rimuovendo adeguati volumi di plasma, ha la potenziale capacità di rimuovere sostanze tossiche, ma sull’eliminazione dei Pfas specifiche evidenze scientifiche sono tutt’ora assenti. Siamo di fronte ad un fatto nuovo, quindi l’approccio più corretto è avviare un protocollo sperimentale per verificarne l’efficacia in condizioni di assoluta sicurezza per i pazienti. Ci preoccupa che i veneti siano trattati come cavie. Al riguardo l’Iss e il Centro nazionale sangue hanno dato la disponibilità, a fronte di formale richiesta da parte della Regione Veneto a tutt’oggi non ancora pervenuta, di attivare e coordinare con la stessa un gruppo di lavoro per approfondire l’impiego della plasmaferesi terapeutica».
Perché il Veneto è stato retrocesso dal terzo al quinto posto per la qualità della sanità?
«Il sistema veneto è stabilmente nella serie A della sanità italiana. In base ai due parametri considerati, cioè l’efficienza della gestione economica e soprattutto i Livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini, il Veneto nel 2017 ha ottenuto un lusinghiero quinto posto e perciò rientra nelle 5 regioni benchmark insieme a Marche, Emilia Romagna, Umbria e Lombardia. Risultano dunque totalmente decontestualizzate le posizioni antiscientifiche del Veneto: ieri su Stamina oggi sui vaccini».
Da dieci anni si parla del nuovo ospedale di Padova: davvero la Regione ha chiesto al ministero di finanziarlo?
«Il 30 luglio 2013 la Regione Veneto ha effettivamente richiesto un finanziamento di 600 milioni per la costruzione del nuovo ospedale di Padova. Il ministero della Salute ha messo a disposizione le risorse disponibili previste dal programma pluriennale di investimenti, pari a circa 74 milioni di euro».
Ora per lei inizia un nuovo impegno come leader di Civica popolare. Che programmi ha in materia di salute?
«La priorità è l’aumento del Fondo sanitario di almeno 5 miliardi rispetto alle previsioni nei prossimi 5 anni. Non è una cifra enorme ma sono convinta sia sufficiente per rendere il Sistema sanitario nazionale sostenibile. Oggi abbiamo 14 milioni di over 65, di cui 4 milioni di non autosufficienti, che sono destinati a moltiplicarsi. Penso a un’assistenza domiciliare efficace, all’infermiere di condominio, a servizi alla persona messi in comune, a spazi concepiti diversamente per la semi autosufficienza. Nel nostro programma ci sono anche misure contro le liste di attesa, l’abolizione del superticket da 10 euro, il ripensamento delle scuole di specializzazione e dell’accesso a Medicina».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 21 febbraio 2018