I suoi maiali, oltre ad aver fatto scappare i clienti della vicina pizzeria, inquinano l’aria e pure le falde acquifere.
Attilio Gorza, titolare dell’azienda agricola «San Luigi» a Poggiana di Riese, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di inquinamento. A mettere in moto la macchina della giustizia è stato proprio il titolare della vicina pizzeria «Al laghetto», Bruno Panozzo. Arriva in tribunale, dunque, una vicenda che ha fatto molto parlare. Siamo a Poggiana, inizio 2008. Panozzo, titolare della pizzeria, dà il via a una guerra di carte bollate: la puzza proveniente dalla vinca porcilaia dell’azienda agricola «San Luigi» fa letteralmente scappare i suoi clienti. Impossibile gustarsi una pizza in quell’aria ammorbata. A provocare l’olezzo, secondo il ristoratore, sarebbero i metodi non proprio ortodossi utilizzati nell’allevamento. In particolare, nel mirino di Panozzo finiscono i maxi-“ventilatori” che, per arieggiare l’allevamento intensivo di maiali, diffondono quell’odorino tutt’intorno. Panozzo, assistito dall’avvocato Innocenzo d’Angelo, inizia la sua battaglia legale. Passa indenne la querela per diffamazione da parte dello stesso Gorza, e insiste: affida a una ditta le analisi delle acque del laghetto vicino la pizzeria. Ci sono metalli, in particolare rame e zinco, con concentrazioni superiori a quelle consentite dalla legge. Non basta: lo smaltimento delle acque reflue e quella “evaporazione forzata” che impesta l’aria sono fuorilegge. Alla fine delle indagini, alle quali hanno lavorato anche i carabinieri del nucleo anti-sofisticazioni e l’Arpav, a carico di Attilio Gorza c’è un capo di imputazione che contesta quattro reati, tutti di tipo ambientale. E scatta il rinvio a giudizio. L’allevamento, inoltre, viene posto sotto sequestro e a nulla vale il ricorso dell’imprenditore agricolo, classe 1957: il tribunale lo respinge, i sigilli rimangono. Nello specifico, il capo d’imputazione contesta a Gorza i reati di violazione dell’articolo 137 comma quinto del decreto legislativo 152 del 2006 (presenza eccessiva di rame e zinco nelle acque); del comma undicesimo dello stesso articolo (scarico irregolare di acque reflue); di violazione dell’articolo 269 dello stesso decreto (le ventole di aerazione non a norma); infine l’emissione di odori molesti in violazione dell’articolo 674 del codice penale. Panozzo ha anche chiesto i danni in sede civile per esser stato “costretto” a chiudere la pizzeria.
La Tribuna di Treviso – 9 marzo 2012