Limitare la protezione dell’articolo 18 – ovvero il diritto al reintegro nel posto di lavoro – ai licenziamenti discriminatori e disciplinari. Con l’esclusione per i licenziamenti economici, rendendoli soggetti al pagamento di un’indennità.
È questa l’ipotesi illustrata dalla Cisl su cui stanno ragionando i tecnici dei sindacati confederali che ieri si sono incontrati per fare il punto in vista dell’incontro di questa sera con gli imprenditori, preceduto dal confronto tra i leader delle quattro confederazioni.
Con l’Esecutivo deciso comunque a modificare la disciplina sui licenziamenti la «manutenzione dell’articolo 18» è entrata nell’agenda dei sindacati. Del resto anche il Pd apre su questo tema: «Se vogliamo modificare l’art.18 va bene – ha detto il leader, Pier Luigi Bersani – Ma facciamolo in fondo. In testa devono esserci la precarietà, gli ammortizzatori e come creiamo un po’ di lavoro».
Le maggiori resistenze arrivano dalla Cgil e dall’Ugl, ma la novità principale arriva proprio dal sindacato di Corso d’Italia che in passato era solito abbandonare i tavoli solo al sentir evocare il tema. Questa volta, invece, la Cgil ragiona sulle diverse ipotesi in campo. «Una manutenzione dell’articolo 18 intesa come diminuzione della sua efficacia non è giusta e nemmeno necessaria», ha spiegato Susanna Camusso. «Non è il tema del quale dobbiamo parlare, il problema è il lavoro non il licenziamento – ha aggiunto la leader della Cgil–. La flessibilità in uscita c’è: si esce con una frequenza e una rapidità straordinaria. L’unico problema reale è l’incertezza sui tempi del reintegro e su quello si dovrà lavorare, le cause di lavoro non possono durare un tempo infinito».
Il pressing della minoranza interna – è stato minacciato uno sciopero generale – non sembra intimorire il segretario generale della Cgil, che al momento è preoccupata di preservare l’unità sindacale, pur non essendo disponibile ad un’intesa ad ogni costo. Anche perché, secondo la Cgil, su circa 31mila cause contro licenziamenti illegittimi avviate da Corso d’Italia i casi di reintegro disposto dal giudice sono stati mediamente 300 (1%) tra il 2007 e il 2011. I lavoratori effettivamente reintegrati sono stati solo 70 mentre in 230 hanno optato per il risarcimento.
Ma tornando al tavolo di ieri, i tecnici della Cisl hanno illustrato una proposta di mediazione con il mantenimento del reintegro dell’articolo 18 per i licenziamenti discriminatori o legati a motivazioni soggettive (giusta causa e giustificato motivo), in sintesi per i licenziamenti disciplinari. Mentre per il giustificato motivo oggettivo, i licenziamenti individuali potrebbero rientrare nel perimetro della legge 223 del 1991 che si applica per almeno 5 licenziamenti.
«Con la nostra proposta sull’articolo 18 non intendiamo abolirlo – ha spiegato il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini – ma renderlo più funzionale. Auspichiamo che su questa proposta si possa trovare una soluzione comune». Anche la Uil è favorevole a una proposta che – fatte salve le ragioni discriminatorie – dica esplicitamente quando il licenziamento è consentito per motivi economici.
Ma la proposta dei sindacati riguarda anche la flessibilità in entrata prevedendo ulteriori incentivi per la stabilizzazione degli apprendisti (per i giovani), per i contratti di inserimento (over 50 e donne) e il part-time lungo, con uno sfoltimento dei contratti flessibili, che in parte potrebbero essere incorporati nel lavoro in somministrazione (lavoro a chiamata, intermittente, ripartito). Il lavoro flessibile deve costare di più per poter finanziare l’estensione degli ammortizzatori sociali alla platea di lavoratori sprovvista di sostegni al reddito.
Si prevedono paletti temporali per i contratti a tempo determinato, un tetto per le collaborazioni in proporzione all’organico aziendale, limiti all’utilizzo di voucher, il contrasto di abusi come le false partite Iva in regime di monocommittenza, gli associati in partecipazione, una stretta sui tirocini con l’incremento dei controlli. Novità anche sul versante delle politiche attive: il sussidio è condizionato alla riqualificazione professionale, con l’obbligo di accettare il lavoro, pena la perdita dell’indennità e un maggior ruolo affidato alle agenzie per il lavoro.
C’è una dote significativa per far marciare la nostra nostra proposta di riforma del mercato del lavoro – afferma Guglielmo Loy (Uil) – con gli 8 miliardi in arrivo dalla Ue per l’Italia riprogrammabili in tre direzioni: formazione, giustizia e politiche sociali».
ilsole24ore.com – 8 febbraio 2012