Il piano dei vaccini in Italia è scritto ormai sulla sabbia. Così come l’obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge (almeno il 70% degli italiani vaccinati) dopo l’estate, il rischio è di arrivare a fine anno o addirittura a inizio 2022. Troppe al momento le incognite legate ai ritardi sulle consegne dei vaccini prima di Pfizer (tagli del 29% e poi del 20% su due lotti) e soprattutto di AstraZeneca che il 29 gennaio incasserà l’ok dell’Ema al suo siero ma nel frattempo ha annunciato tagli del 60% : invece di 8 milioni di dosi entro marzo ne consegnerà poco più di 3 milioni. Le certezze al momento sono due: entro marzo, a meno di nuove sorprese, avremo a disposizione solo 14 milioni di dosi: 8,7 milioni di Pfizer, 1,3 milioni di Moderna e 3,4 milioni di AstraZeneca. Un numero sufficiente per mettere in sicurezza solo la prima fase del piano: si potranno infatti concludere le immunizzazioni di 2 milioni di operatori sanitari e ospiti delle Rsa iniziate da gennaio e ora alle prese con la seconda dose e far partire le attese vaccinazioni di 4,4 milioni di over 80 e dei 400mila pazienti con patologie gravi. Vaccinazioni, quest’ultime, che slitteranno di almeno 3-4 settimane rispetto al previsto – si doveva partire in questi giorni – e quindi la nuova previsione è di concludere in piena primavera. Ma la seconda certezza, che potrà essere smentita solo da un recupero immediato dei ritardi nelle consegne, è che la seconda fase – quella delle vaccinazioni di massa – potrebbe slittare di diverse settimane per mancanza di “materia prima”, le dosi di vaccino: secondo il piano vaccinale presentato dal ministro della Salute Roberto Speranza in Parlamento da aprile si contava di iniziare le somministrazioni a tutti gli over 65 – 13,4 milioni di persone – e coinvolgere anche la prima parte del personale scolastico. Servono però 30 milioni di dosi per garantire il richiamo. Una quantità a cui dovrebbero rispondere al momento le nuove consegne di Moderna e Pfizer (12 milioni di dosi in tutto entro giugno) e quelle di AstraZeneca che ne ha promesse addirittura 26 milioni nel secondo trimestre ma visto il taglio del 60% nelle prime consegne non sembra offrire sufficienti garanzie. La ciambella di salvataggio potrebbe arrivare dal via libera entro marzo di un quarto vaccino molto atteso, anche perché mono-dose, e cioè quello di Johnson & Johnson. Ma anche qui certezze ancora non ci sono.
Ieri il commissario Domenico Arcuri ha provato a restare tiepidamente ottimista : «Non perderei la speranza di raggiungere alla fine dell’autunno l’immunità di gregge». «I ritardi sono insopportabili, imprevisti, inaccettabili – ha aggiunto -, ma abbiamo la speranza di recuperare». Correre potrebbe però non bastare se non si avranno sufficienti dosi per continuare a vaccinare il resto della popolazione entro l’estate. Da qui il rischio di raggiungere i target dell’immunità di gregge solo a fine anno o a inizio del 2022.
Intanto preoccupano le varianti del virus e la risposta dei vaccini -ieri a Varese è stato individuato il primo caso di quella brasiliana -, ma le aziende farmaceutiche corrono ai ripari come Moderna che ha annunciato di lavorare a una dose aggiuntiva di richiamo per aumentare la risposta immunitaria alle varianti.