Cresce l’attenzione dei giudici contabili sulle verifiche che l’organo di valutazione deve effettuare sugli obblighi di trasparenza. La sezione giurisdizionale siciliana, con la sentenza 355/2018, ha condannato il nucleo di valutazione per aver distribuito la retribuzione di risultato su una semplice relazione dei dirigenti, in mancanza di indicatori di risultato, di processo e di produttività. Oltre al nucleo di valutazione, la posta di danno maggiore è riservata all’organo di indirizzo politico-amministrativo e al direttore generale, non solo sulla retribuzione di risultato distribuita, ma anche sull’errata determinazione della retribuzione di posizione in assenza dell’obbligatoria costituzione del fondo e della pesatura delle diverse posizioni dirigenziali.
La mancata costituzione del fondo
La prima posta di danno erariale riguarda la determinazione della retribuzione di posizione dei sette dirigenti in servizio sui nove previsti in dotazione organica. La determinazione è infatti avvenuta in assenza dei seguenti presupposti:
• individuazione delle risorse ex articolo26, comma 1, del contratto nazionale del 23 dicembre 1999 della dirigenza degli enti locali;
• sottoposizione alla contrattazione collettiva delle risorse ex articolo 26, commi 3, 4 e 5 e definizione dei criteri per la distribuzione di queste risorse tra retribuzione di posizione e retribuzione di risultato;
• graduazione degli uffici dirigenziali con informativa ai sindacati;
• definizione della verifica dei risultati dell’attività svolta dai dirigenti, in relazione ai programmi e obiettivi da perseguire.
Niente riduzione
Invece di rispettare queste queste regole, l’ente ha disposto la determinazione delle posizioni dirigenziali quasi nel limite massimo contrattuale, sulla base di una semplice riunione. L’assenza del fondo ha consentito all’ente di confermare gli importi stanziati in bilancio per i sette dirigenti iniziali con la distribuzione illegittima della retribuzione di risultato per i soli tre dirigenti rimasti in servizio, in aperta violazione dell’articolo 9 del Dl 78/2010 che sancivano la riduzione del fondo in misura proporzionale al personale dirigenziale in servizio.
Il primo danno
Il collegio contabile ha accettato la quantificazione equitativa della Procura, secondo cui il danno erariale è stato determinato dalla differenza tra il valore erogato e quello medio contrattuale. Sul punto, i giudici rilevano che la quantificazione così indicata sia a vantaggio dei convenuti, a fronte di un orientamento del giudice del lavoro che è di maggior rigore perché, in assenza dei presupposti richiesti dalla contrattazione collettiva, il giudice ordinario riconosce come dovuta al dirigente solo la retribuzione minima ex articolo 27 del contratto nazionale o, addirittura, l’indennità di funzione (articolo 38 del Dpr 380/1999).
La retribuzione di risultato
La seconda posta di danno riguarda l’erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti, avvenuta in assenza delle due condizioni poste dalla normativa contrattuale e legislativa: la preventiva fissazione degli obiettivi annuali per i dirigenti, e la certificazione dei risultati di gestione secondo le risultanze dei sistemi di valutazione istituiti dagli enti. A differenza del primo caso, in cui il danno erariale è stato quantificato in via equitativa, l’erogazione delle retribuzioni di risultato ai dirigenti ha determinato l’intera posta di danno, la cui responsabilità prevalente è attribuibile al commissario straordinario e al direttore generale (70% degli importi erogati) mentre la parte restante al nucleo di valutazione (30% degli importi). In merito a quest’ultimo organo di controllo, la sua colpa grave è stata accertata per aver limitato la valutazione alla sola verifica della relazione dei singoli dirigenti e ad un colloquio, senza la fissazione preventiva di criteri da adottare per la valutazione né dell’acquisizione dei risultati del sistema di controllo di gestione. Gli obiettivi autocertificati dai dirigenti sono stati considerati generici, in assenza di indicatori di risultato, di processo o di indicatori di produttività. Rilevante, è infine, l’assenza di monitoraggi intermedi o dell’acquisizione di elementi oggettivi che avrebbero potuto consentire una verifica a posteriori.
Il Sole 24 Ore – 3 maggio 2018