Anche i gusti alimentari seguono mode e tendenze. Così se fino a qualche decennio fa, l’idea di mangiare sushi e sashimi faceva rabbrividire, oggi la cucina giapponese, da tempo sdoganata, è addirittura inflazionata e spesso offerta con formule all you can eat che non rassicurano troppo sulla qualità, né sull’igiene riservata ai nigiri. Se le infestazioni da anisakis sono ormai da tempo una nota possibile conseguenza del consumo di pesce crudo (e non solo sushi e sashimi), più inquietante e bizzarra è la sfortunata complicanza occorsa ad un paziente coreano di 71 anni al quale la passione per la cucina giapponese è costata addirittura l’amputazione di una mano.
Il caso è stato presentato dal New England Journal of Medicine alla fine di luglio, ma per qualche strana ragione è stata riscoperto dalla stampa internazionale, che lo ha ampiamente ripreso, solo negli ultimi giorni. Ecco cosa è successo.
Un uomo coreano di 72 anni si è presentato al pronto soccorso della Chonbuk National University Medical School di Jeonju (Corea del Sud) per un dolore fortissimo alla mano sinistra accompagnato da febbre, entrambi comparsi dopo 12 ore dal consumo di pesce crudo. Il paziente, iperteso e con diabete di tipo 2, era in trattamento emodialitico.
Il paziente è stato prontamente sottoposto prima ad intervento chirurgico di debridement, seguito dopo 25 giorni da uno di amputazione della mano per il progredire dell’infezione; veniva inoltre praticata terapia antibiotica per via parenterale (ceftadizim e ciprofloxacina).
Il V. vulnificus può causare infezioni cutanee dopo esposizione di una ferita all’acqua di mare contaminata; ma può anche causare una setticemia in seguito al consumo di pesce crudo o poco cotto.
I soggetti immunocompromessi (come quelli epatopatici o neoplastici) sono ad aumentato rischio di infezioni da Vibrio vulnifucus.
Un invito alla prudenza dunque, ad astenersi dal consumare cibi potenzialmente pericolosi, in particolare in presenza di compromissione delle difese immunitarie. E per tutti un invito a privilegiare la sicurezza, anche se un po’ più cara, piuttosto che farsi abbindolare dal low cost. Che come visto, può al contrario costare molto caro.
Maria Rita Montebelli QUOTIDIANO SANITA
31 agosto 2018