Silvia Madiotto, Il Corriere del Veneto. Mentre i numeri dei ricoveri si abbassano, mentre il numero dei trevigiani attualmente positivi continua la curva calante (non erano così “pochi” da metà ottobre), il numero che deve crescere è quello dei vaccini. Dopo aver messo in sicurezza gli ospedali, proseguono richiami e somministrazioni nelle case di riposo ma la campagna non decolla. Le vaccinazioni alla popolazione slittano e anche alcuni sanitari sono in attesa della loro dose di protezione: il vax-day per i medici di base è stato posticipato, solo alcuni sono riusciti a ricevere il siero. Oggi si terrà un incontro fra l’Usl 2 e i medici di famiglia, il dg Francesco Benazzi sonderà la loro disponibilità a partecipare attivamente alla campagna per fare i vaccini ai loro assistiti sotto i 65 anni con Astra Zeneca (mentre l’azienda si occuperà dei trevigiani più anziani con Pfizer e Moderna). Ci sono però non poche perplessità e le esprime Brunello Gorini, segretario provinciale della Fimmg. «Come posso vaccinare i miei pazienti se non sono vaccinato? – chiede -. Lo trovo un atteggiamento schizofrenico. Prima di pensare agli under 65 sarebbe il caso che venisse offerta la vaccinazione a tutti gli operatori della sanità territoriali, dei quali invece pare che ci si sia dimenticati, le dosi sono state somministrate random. La questione è puramente organizzativa: se non sono vaccinato non posso vaccinare». Non è questione di poco conto. La medicina territoriale è stata essenziale nella gestione della pandemia Covid: non solo da quando i “dottori” fanno i tamponi nei propri ambulatori, ma anche per la presa in carico dei trevigiani a domicilio, in collaborazione con le Usca. «Il servizio sanitario si basa sulla medicina di famiglia – sottolinea Gorini – e lo dimostra il fatto che quando ci sono delle situazioni complicate, quando bisogna raggiungere davvero la popolazione, le aziende sanitarie devono rivolgersi a noi. Purtroppo però veniamo coinvolti solo dopo, non veniamo contattati nella parte organizzativa e strategica, quando invece potremmo dare un contributo importante». Il calendario veneto è ancora soggetto alla certezza delle forniture dei diversi vaccini, non complete e in ritardo. Questo ha rallentato sia l’intervento fra le categorie prioritarie che fra gli anziani più fragili, ma anche nel dialogo con gli attori della campagna, quindi i medici di base. Il giorno del confronto è oggi, la disponibilità c’è ma bisogna capire in che termini: «Ascolteremo innanzitutto il dg Benazzi, il concetto di base è che la medicina territoriale è il primo sostegno del servizio pubblico, e chiederemo con quali criteri saranno scelte le persone da vaccinare visto che molti di noi sono ancora in attesa. Serve un vero piano, non per alzata di mano a chi arriva prima. E ricevo continue telefonate da assistiti ottantenni che non capiscono come e quando riceveranno il vaccino. Per ora ci sono tanti annunci ma pochi fatti».
Infine si toglie un sassolino dalla scarpa pensando a quanto accaduto qualche mese fa, quando i medici hanno aderito alla campagna di screening: «Dicevano che abbiamo fatto i tamponi per i soldi – si arrabbia -, affermazioni offensive, ci siamo rivolti a un legale per difenderci da parole infamanti. Vorrei sottolineare che non abbiamo ancora ricevuto il pagamento per l’attività di tamponi di novembre».