Non è arrivato, dalla Regione, il segnale sperato. Nemmeno sull’avvio del fascicolo sanitario: «Ci vogliono i tempi tecnici, partiremo nel primo semestre 2018, è necessario mettere a punto il meccanismo di raccolta dati», dicono da Arsenal, il Consorzio delle Usl per l’innovazione e la sanità digitale.
E così oggi e domani i 3200 medici di famiglia del Veneto chiudono gli ambulatori, per una due giorni di sciopero inserita in un pacchetto di 81 sancita dai sindacati di categoria Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale fino al 31 dicembre 2018. Motivo della mobilitazione generale – e storica – la rottura con la Regione per la brusca frenata all’avvio delle Medicine di Gruppo integrate (gli ambulatori h12 o h24) e del fascicolo sanitario elettronico, il ricorso a dottori privati nelle case di riposo e negli ospedali di comunità, l’inesistenza di cure palliative h24. Falliti i vari tentativi di venirsi incontro, l’ultimo dei quali martedì, e conclusa a settembre la fase iniziale della protesta con lo stop dell’invio delle ricette telematiche, ora i camici bianchi passano alla serrata degli studi. Che si inasprirà con tre giorni a settimana dal 13 dicembre e cinque giorni la settimana dal 10 gennaio.
«Sarebbe bastata un po’ di buona volontà da parte di Palazzo Balbi, per evitare questo disagio ai malati – dice Domenico Crisarà, segretario della Fimmg – garantiremo comunque le urgenze, l’assistenza domiciliare e le cure a cronici e terminali. E comunque nei giorni scorsi abbiamo aumentato le visite, oltre 40 al giorno, proprio per portarci avanti, e smaltito un gran numero di ricette. Certo, qualche paziente ha storto il naso, ma molti hanno capito che incrociamo le braccia per capire come la giunta Zaia intenda organizzare l’assistenza territoriale nei prossimi anni e nella speranza che la potenzi. A beneficio proprio dei cittadini e nel rispetto del Piano sociosanitario, approvato nel giugno 2013 e prorogato a dicembre 2018».
Fatto sta che qualche disagio sarà inevitabile. E allora la Regione ha disposto il potenziamento del personale nei Pronto soccorso, unica alternativa per la gente alla mancanza del proprio dottore. I primari hanno richiamato in servizio per oggi e domani un turno in più di infermieri e uno di medici, ma sono pronti a un ulteriore ritocco al rialzo qualora ce ne fosse bisogno. «In questo periodo iniziano i primi raffreddori, le prime sindromi influenzali — riflette Giuseppe Cicciù, presidente regionale del Tribunale del Malato — e quindi la chiusura degli ambulatori peserà molto sulle spalle di cittadini incolpevoli. E stretti tra le legittime richieste dei camici bianchi e il bisogno di assistenza. Lo sciopero potrebbe assumere il significato di un parziale abbandono del servizio alla popolazione, con ricadute non prevedibili.
Da primi azionisti del sistema salute, alimentato dalle risorse pubbliche attraverso il pagamento delle tasse, i cittadini sono divenuti merce di scambio per orientare la politica, mentre si sono generati conflitti che, seppure condivisibili nei contenuti, pochi vantaggi hanno apportato alle istanze di tutela dei malati e delle loro famiglie. Siamo stanchi di pagare sempre».
Da una prima ricognizione resa nota dalle quattro sigle di categoria, anche in base alle dichiarazioni di non adesione inviate alle Usl, si prevede una partecipazione allo sciopero compresa tra il 60% e l’80% dei medici di base.
Il Corriere del Veneto – 8 novembre 2017