ECONOMIA. Allevatori davanti alla Borsa contro il caro-materie prime causato dalle speculazioni finanziarie. Una distorsione del mercato che sta uccidendo settori di eccellenza del made in Italy.
Il sub-prime nel piatto. Così aumentano i prezzi Le speculazioni borsistiche sulle materie prime e l’assenza di norme trasparenti che vadano incontro al settore primario, sono le principali cause della situazione disperata in cui versa un importante comparto – se non il più importante, viste le tante eccellenze – dell’economia italiana. Oggi, per via dei costi per l’alimentazione degli animali (+17 per cento) e di un mercato in cui ben 3 prosciutti su 4 venduti in Italia possono essere ottenuti da maiali stranieri (e senza etichetta di provenienza), si è arrivati al paradosso per cui il 75 per cento degli allevamenti suinicoli emiliano-romagnoli, circa 3.500, ha chiuso i battenti tra il 2000 e il 2010, mentre sono stimati in 1.700 quelli marchigiani prossimi alla fine.
Esempi eclatanti di un costo complessivo di 300 milioni caduto sulle spalle degli allevatori, con un aumento dei prezzi di almeno cinque volte, per effetto delle distorsioni che si verificano nel passaggio dalla stalla alla tavola. Un vero suicidio del made in Italy – basta pensare alle 33 varietà del campo che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine -, a cui si sono fermamente opposti centinaia di allevatori giunti da tutta Italia e convocati da Coldiretti a Milano, davanti Piazza Affari, sede della Borsa italiana. Con loro, maiali razzolanti e prodotti tipici da contrapporre agli squali della finanza: pane e salame – cioè economia reale – messi sui vassoi insieme a fac simile delle azioni di Enron e Lehman Brothers – economia di carta – e portati a Palazzo Mezzanotte.
Occasione di colorata, ma sentita protesta, che ha avuto almeno uno sviluppo positivo: la convocazione, per il 29 luglio, di un “tavolo suinicolo” da parte del ministero delle Politiche agricole e forestali. Un esito importante, secondo Coldiretti, per definire nuove linee e affrontare le distorsioni del piano di settore della filiera. Tutto fuorché pittoresca invece la manifestazione di Cagliari, con cui il Movimento dei pastori sardi è tornato in piazza. Ai duemila presenti, tra pastori, commercianti, artigiani e una delegazione del Movimento dei forconi dalla Sicilia, hanno risposto le forze dell’ordine, con cariche e lacrimogeni per disperdere i manifestanti, in seguito al tentativo di un piccolo gruppo di entrare da un ingresso laterale del Consiglio regionale della Sardegna, in segno di protesta per il rifiuto della presidente Claudia Lombardo di ricevere una delegazione composta dalle categorie presenti.
Di due contusi il bilancio degli scontri, mentre su un palco si sono alternate le testimonianze personali e le tante problematiche di cui le istituzioni, locali e nazionali, sono complici indifferenti: i debiti, i costi del mangime troppo alti, il “cartello” dei trasformatori del latte che lo pagano meno di un litro d’acqua minerale’, i pignoramenti e le inique cartelle della società di riscossione Equitalia.