La firma arriverà in nottata. Che non si potesse andare oltre lo hanno fatto capire gli oltre 350 morti delle ultime ventiquattr’ore. E così dopo una serie di riunioni senza soluzione di continuità il testo del nuovo Dpcm, che impone un coprifuoco generale dalle 22 alle 5 e divide l’Italia in tre fasce, è arrivato. Ancora una volta dentro l’esecutivo si sono scontrate la linea rigorista portata avanti da Speranza-Franceschini-Boccia e quella più morbida che ha nei renziani di Italia viva i principali sponsor e ha ottenuto di portare alle 22 il coprifuoco ma che ha anche dovuto incassare il lockdown totale nelle aree più a rischio e la chiusura di bar e ristoranti nella fascia intermedia. Ma il confronto più teso è stato con le Regioni.
La stretta prevista dal decreto non gli piace ai Governatori che però non possono opporsi. La crescita esponenziale dei contagi, gli appelli dei medici preoccupati per la tenuta del sistema sanitario e il pressing del Capo dello Stato per arrivare rapidamente a una soluzione condivisa non hanno lasciato molti margini alle Regioni. Così dopo un paio d’ore dalla lettura dell’ultima bozza di Dpcm – consegnatagli nel pomeriggio da Boccia e Speranza – i presidenti alla fine hanno espresso un parere critico ma si sono ben guardati da alzare barricate. Anche la richiesta pressante di chi voleva un provvedimento omogeneo su scala nazionale (in primis Lombardia e Campania) alla fine si è dovuto riconoscere nella formula « univoche misure nazionali ed, in via integrativa, provvedimenti più restrittivi di livello regionale», che poi è quello che prevede il Dpcm.
Il punto più critico e destinato ad essere al centro dei prossimi confronti è quello sulla ripartizione delle Regioni in fasce di rischio. I presidenti hanno accusato il Governo di aver «esautorato» le Regioni dal loro rupolo. «Abbiamo chiesto che la classificazione avvenga in contraddittorio con il Cts. Vogliamo sapere in quale modo vengono analizzati e valutati i nostri dati, facendopartecipare alla valutazione i nostri tecnici, prima che il ministro della Salute assegni la classificazione di rischio, coni conseguenti provvedimenti di chiusura», ha confermato il presidente della Liguria Giovanni Toti. Le Regioni nel parere consegnato ieri sera al Governo definiscono «indispensabile instaurare un contraddittorio per l’esame dei dati con i dipartimenti di prevenzione «primadella adozione degli elenchi delle regioni di cui alla prevista ordinanza del Ministro della Salute».
In altre parole non vogliono essere messe di fronte al fatto compiuto, ossia nella fascia rossa o arancione e trovarsi a dover comunque alla fine condividere un provvedimento sulla base del quale scatterà il lockdown totale (salvo che per le attività industriali e i cantieri) o parziale con comunque divieti di spostamento e chiusura di bar e ristoranti.«Non appaiono, infatti, chiare le procedure individuate e le modalità con le quali sono definite le aree e i territori a più alto livello di rischio e le modalità e le tempistiche con le quali viene declassificato il livello di rischio», si legge nel parere firmato dal presidente della Conferenza Stefano Bonaccini e condiviso dagli altri Governatori. «A questo percorso di analisi dei dati, le singole Regioni e Province autonome devono poter partecipare, anche in considerazione della ricaduta delle misure sul rispettivo territorio».
E la ricaduta è principalmente e soprattutto economica. Di qui anche la richiesta pressante che il nuovo decreto ristori arrivi in concomitanza con l’entrata in vigore del Dpcm. Una richiesta che il Governo sembrerebbe pronto ad accogliere. Ieri notte il premier è tornato a riunirsi con i capidelegazione e Boccia per tentare di andare incontro ai Governatori. «È indispensabile che, contestualmente all’emanazione del Dpcm., vengano definite, attraverso un provvedimento di legge, l’ammontare delle risorse,unitamente a modalità e tempi di erogazione delle stesse, con le quali si procede al ristoro delle attività economiche che hanno subito limitazioni, sospensioni e/o chiusure». A questo si aggiunge la richiesta di «misure normative e adeguate risorse finanziarie per riconoscere ed estendere i congedi parentali per tutti i lavoratori dipendenti,pubblici e privati, e le misure economiche di conciliazione per i lavoratori autonomi».
IL SOLE 24 ORE
Barbara Fiammeri