È il Veneto la Regione che registra la percentuale più alta di codici bianchi nei suoi 47 Pronto Soccorso: il 54%. Tradotto in numeri fa 762.828 pazienti, su un totale di 1.394.234. Poi ci sono 277.700 codici verdi (il 19,92%, parametro per il quale il Veneto è invece penultimo in Italia), 326.100 gialli (23,39%) e 27.606 rossi (1,98%). Tra le ragioni la conversione degli accessi verdi e i pochi medici di base.
Emerge dall’analisi effettuata sugli accessi del 2022 dall’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che sottolinea: «Il Veneto conta il maggior numero di accessi con codice bianco e ha un comportamento fortemente diverso dalle altre regioni, la cui percentuale media si aggira attorno al 10%». In effetti il Friuli Venezia Giulia, seconda per codici bianchi, ne rileva meno della metà, cioè il 19,5%, e l’Emilia Romagna, terza, arriva al 14,8%. Tutte le altre sono sotto il 10%, in compenso hanno più verdi e gialli.
Qui la lettura è duplice: se da una parte tanti accessi, dovuti anche alla carenza di medici di famiglia (ne mancano 338, ciò significa che 405.600 veneti devono accontentarsi per il momento di uno provvisorio o temporaneo), ingolfano i Pronto Soccorso, dall’altra generano un introito da ticket da record. Anche per quest’ultimo parametro infatti il Veneto è capolista, con un’entrata di 14,4 milioni di euro.
Più del doppio rispetto ai 7 milioni incassati dall’Emilia Romagna, quasi sette volte i 2,8 della Toscana.
In quarta posizione la Lombardia con 2 milioni, cifra sotto la quale si trovano le altre regioni. «Il confronto è impietoso con l’Emilia Romagna, che più o meno ha lo stesso numero di abitanti del Veneto, e con la Lombardia, che ne conta il doppio – sottolinea Sonia Todesco di Cgil Fp Veneto -. Solo in Veneto aumentano i codici bianchi, paganti (quota fissa di 25 euro più il ticket per i singoli, esami, ndr ), mentre si ridimensionano i codici verdi, non paganti. Esattamente il contrario di quanto accade nel resto d’Italia.
Le conseguenze? I costi della sanità vengono scaricati sui cittadini, che devono pure subire i tempi d’attesa più lunghi d’Italia: una mediana di 129 minuti dall’ingresso alle dimissioni per i bianchi e 167 per i verdi, ma anche gialli e rossi sono tra i primi posti, con 244 e 246 minuti – rivela Todesco -. Vanno riviste le politiche stringenti della Regione sull’assegnazione del codice colore in dimissione dal Pronto Soccorso, così da alleggerire la spesa sui pazienti. Almeno per andare in pari con le regioni comparabili».
Il nodo sta nella delibera regionale 1513 del 2014, secondo la quale in uscita anche i codici verdi diventano bianchi, fatte salve alcune fattispecie, tra cui: il ricovero; la necessità di sottoporre il paziente all’Osservazione breve intensiva; gli incidenti sul lavoro; fratture e lussazioni. «Il Veneto vuole rispondere a tutte le istanze di salute dei cittadini attraverso i medici di famiglia ma i tanti codici bianchi suddividono la pressione delle richieste, in continuo aumento – replica Sonia Brescacin, presidente della commissione regionale Sanità -. A differenza di altre regioni, che li concentrano soprattutto nei centri urbani, noi disponiamo di Pronto Soccorso su tutto il territorio, poli nei quali gli utenti sanno di poter ricevere risposte efficaci, di qualità. Sanno che negli ospedali trovano professionalità e tecnologia necessarie alla valutazione accurata dei loro problemi. Aggiungo che la nostra è la regione più turistica d’Italia, con oltre 70 milioni di presenze all’anno, perciò tanti codici bianchi sono visitatori, anche stranieri – completa Brescacin -. Pensiamo a quanti accessi in tal senso registrano i Pronto Soccorso di San Donà e Jesolo d’estate».
Quanto al fatto che il Veneto incassi di ticket molto di più delle altre regioni, la presidente della commissione Sanità osserva: «Su un bilancio della sanità regionale che ammonta a 10,4 miliardi di euro, i 14,4 milioni di introiti da codici bianchi sono ben poca cosa».
Tornando all’indagine Agenas, emerge che gli accessi al Pronto Soccorso si trasformano in ricoveri nell’8% dei casi, ma pesano per il 31% sul totale di tutte le degenze, cioè sono 192.373 sul computo complessivo di 618.750.
Parlando di indicatori favorevoli, infine, solo l’1,65% di utenti (23.402) se ne è andato prima della visita, o in corso di accertamenti o in anticipo rispetto alla chiusura della cartella clinica.
È la percentuale più bassa d’Italia e che stride, per esempio, con il 24% di pazienti sardi che abbandona il polo di primo soccorso prima ancora di essere visto dal medico.
Il Corriere Veneto