Sara Strippoli. Prime multe per le attività di social eating e home restaurant, un fenomeno in crescita in Italia e ormai avviato all’estero, in cui un privato organizza cene in casa per cui è richiesta una prenotazione sul sito e il regolare pagamento al termine del pasto. I carabinieri dei Nas di Torino, su richiesta del ministero della salute, interessato a raccogliere dati sulle attività presenti in Italia, negli ultimi mesi hanno fatto alcuni controlli. Il risultato è stata una multa ad un home restaurant torinese, una sanzione di seimila euro. Non perchè qualcuno fosse stato male, a dire la verità, ma per l’assenza della documentazione richiesta: la dichiarazione sanitaria di inizio attività per il locale cucina e per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande da inviare al Comune e il manuale di autocontrollo Haccp, garanzia di qualità degli alimenti.
E’ il primo caso in Piemonte ed è probabile che arrivi anche un ricorso. L’assessorato alla sanità, direzione della prevenzione e sicurezza alimentare guidata da Gianfranco Corgiat Loia ha chiesto ufficialmente lumi al ministero della salute con le altre Regioni. Come fissare paletti a difesa dei frequentatori delle cene social e dell’home restaurant? La multa ha accelerato il dibattito sull’assenza totale di regolamentazione in un settore in grande espansione. Qualcosa che rimanda alle guerre che si sono aperte contro Uber e ora anche contro Airbnb per il settore ricettivo.
Nel campo della ristorazione social, Torino è protagonista, visto che in città, nel 2012, è partito Gnammo, social eating a diffusione nazionale, che proprio domani e venerdì lancia sul suo sito e su Facebook tre “cene segrete” a cui c’è ancora tempo per iscriversi. Solo poche ore prima dell’evento si conoscerà l’indirizzo dell’abitazione in cui ci siederà a tavola. Per mangiare cosa? La sorpresa è parte del gioco.
Negli ultimi tempi la questione della sicurezza alimentare è diventata centrale, un tema sul quale da qualche mese si sta occupando anche l’Istituto zooprofilattico del Piemonte e della Valle d’Aosta. «Il fenomeno può comportare molti rischi – è l’allarme del direttore Maria Caramelli – Non essendo ancora incardinato nei canali ufficiali visto che l’aspetto normativo e fiscale è ancora nebuloso, il fenomeno può avere dei pericoli». «Da chi viene valutato l’aspetto igienico sanitario?», s’interroga Caramelli: «Mentre ristoranti e bar sono sottoposti a continue ispezioni, chi controlla queste attività?. Inoltre un ristoratore professionista ha una funzione certificata in materia di sicurezza alimentare e di buone pratiche di igiene». Nessuna ragione per fare allarmismo, prosegue il direttore dello Zooprofilattico «ma ricordiamo che il 39 per cento delle tossinfezioni alimentari ha origine in casa».
Gianfranco Corgiat spiega che adesso il quesito è sul tavolo del ministero della salute, che a sua volta ha sottoposto dubbi e domande ai ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole. In attesa di risposte «la deregulation è totale » insiste Corgiat, che nei mesi scorsi ha avuto anche la richiesta del Comune di Torino di controlli sulle attività di somministrazione e produzione di pasti a Porta Palazzo.
Repubblica – 15 ottobre 2015