La Stampa. «L’effetto Green Pass dimostra che è ancora possibile convincere a vaccinarsi, cioè salvare vite, per cui attenzione a non regalare gli impauriti ai No Vax». Per Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova, «bisogna coinvolgere le persone paurose, ansiose e fragili».
Il Green Pass è la spinta giusta?
«Sì ed è da sempre il suo obiettivo. L’importante è non regalare ai contestatori, che sono pochi, le persone psicologicamente fragili, che vanno recuperate senza obblighi e imposizioni».
Cosa pensa della polemica sui tamponi?
«Devono restare a pagamento, ma lascerei le aziende libere di offrirli ai dipendenti per non esasperare il conflitto. Poi sarebbe preferibile fare più molecolari che antigenici».
Meglio che niente, no?
«Sì, ma sono meno affidabili e con l’influenza che fa confusione bisogna mettere in sicurezza i luoghi chiusi. In questo senso i nuovi molecolari distinguono tra Sars-Cov-2 e influenza».
L’81% degli italiani over 12 ha due dosi. È un’immunità sufficiente?
«Arrivare al 90% garantirebbe un equilibrio che con la terza dose potrebbe diventare buono, altrimenti c’è il rischio inglese».
Con meno vaccinati e senza mascherine viaggiano sui 40 mila contagi e 150 morti al giorno…
«È un equilibrio anche quello, ma eticamente discutibile. Temo non lo modificheranno a meno di guai sanitari. L’Italia si è vaccinata dopo, ha un’immunità ancora forte e usa le mascherine».
L’immunità calerà anche qui?
«Certo, studi solidi dimostrano che dopo sei mesi la protezione contro l’infezione cala dal 95 al 40% e contro la malattia grave dal 90 al 65».
Terza dose per tutti insomma?
«Sì, il richiamo è il completamento della protezione. Non sappiamo quanto duri, ma in altre vaccinazioni vale per anni. Certo pone ulteriori problemi sociali interni ed etici rispetto al terzo mondo, anche se dubito che questi vaccini siano utilizzabili nei Paesi svantaggiati».
Rischiamo dei buchi nell’immunità di comunità?
«Il picco della campagna vaccinale è stato tra aprile e luglio, dunque da novembre a febbraio potremmo avere problemi. Per questo serve la terza dose».
In questa situazione si può pensare alla fine dell’emergenza il 31 dicembre?
«Dipende dalla tenuta dell’immunità e da quanti morti vengono ritenuti accettabili. Se l’Inghilterra non rappresenta la nostra situazione ideale bisogna mantenere le mascherine al chiuso e fare il richiamo a tutti».
Che inverno ci aspetta?
«I contagi aumenteranno, ma il peggio che mi aspetto è la situazione inglese».
Secondo l’ultimo rapporto Aifa su oltre 84 milioni di dosi somministrate meno dello 0,02 per cento ha avuto effetti collaterali gravi, spesso risoltisi, e 16 sono stati i decessi correlabili. Che ne pensa?
«Numeri bassissimi che testimoniano la sicurezza dei vaccini, che non possono essere considerati sperimentali dopo miliardi di dosi».
Le cure possono essere motivo per non vaccinarsi?
«Le cure sono palliative ed empiriche, tanto che si muore ancora di Covid. I vaccini evitano malattia grave, ospedalizzazione e morte».
Un altro tema dibattuto è quello dell’origine del virus, lei che idea si è fatto?
«Non si tratta di un virus geneticamente modificato, poi difficile dire se arrivi direttamente da un animale o abbia fatto un passaggio in laboratorio, ma è indimostrabile e alla fine non cambia molto».
Cosa pensa dell’indagine su Galli per i concorsi universitari?
«È una vicenda che mi addolora per la grande stima che provo per lui. Difficile esprimersi perché nel valutare i candidati entrano tante componenti: il valore scientifico, l’esperienza didattica, la capacità gestionale e l’interazione con i colleghi. Il sistema italiano è ipocrita e non permette di muoversi facilmente tra questi ambiti».
Va riformato?
«Bisogna eliminare i concorsi e premiare le università e i dipartimenti che si gestiscono meglio, ricreando quel sistema virtuoso che nel mondo anglosassone porta a cercare i migliori».