Bastava poco per capire che la Grecia avrebbe fatto una fatica immensa a trovare un accordo con partiti, sindacati e la troika Ue-BceFmi.
Per capirlo bastava ascoltare i malumori che scaldavano i bar del Pireo, vedere la mobilitazione su piazze virtuali come Twitter o Facebook o sentire la rabbia di centinaia di indignati di Atene, infreddoliti, ma tenaci in piazza Syntagma, davanti al Parlamento.
E così il premier greco Lucas Papademos, stretto tra parti sociali e politiche, ha finito col portare avanti una trattativa a oltranza. Ma senza trovare l’intesa sull’abbassamento dei salari minimi, i tagli delle tredicesime anche dei privati e le pensioni complementari. Senza questo impegno scritto su tagli e riforme, Europa e Fondo monetario non concederanno i nuovi aiuti da 130 miliardi di euro. E senza aiuti, la Grecia fallirà a marzo, quando dovrà rimborsare 14,5 miliardi di euro di bond in scadenza.
Qualcosa però è stato fatto, qualche risultato c’è stato e la speranza è che oggi si trovi finalmente la quadra. Papademos ha detto ieri sera che c’è un accordo sui tagli alla spesa per l’1,5% del Prodotto interno lordo (Pil) nel 2012, circa 2 miliardi, con sforbiciate che dovrebbero colpire anche settori come sanità e difesa. Ma intanto stamattina la parola passa ai mercati, che non promettono nulla di buono. Gli operatori di Borsa potrebbero reagire con una serie di ordini di vendita, visto che, come aveva chiesto la Ue, si aspettavano un accordo già entro ieri sera, sia nella trattativa con i privati, sia in quella con i creditori internazionali. In molti potrebbero poi far lievitare le scommesse sul fallimento della Grecia. Uno scenario che sabato è stato evocato anche dal presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, dopo mesi in cui ha puntualmente smentito qualunque ipotesi del genere.
Il premier Papademos ieri ha mediato con la troika, poi con i capi dei tre partiti Georges Papandreou (socialisti), Antonis Samaras (destra) e Georges Karatzaferis (estrema destra), e ha addirittura chiamato il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde per chiedere un aiuto nelle trattative. Alla fine dei negoziati, Papademos ha detto che c’è un’intesa sui «punti base» del piano suggerito dalla troika. L’accordo più vicino con i creditori che dovrebbero subire svalutazioni superiori al 70%, con un taglio del valore nominale dei titoli del 50%, una cedola tra il 3,5% e il 4,5% sui nuovi interessi, oltre a nuovi aiuti per più di 130 miliardi. A rappresentare i creditori privati è l’Institute of International Finance, guidato da Charles Dallara.
Ma sulla riforma del lavoro l’appoggio dei partiti non c’è ancora. «Non consentirò misure che portino a una maggiore austerità», ha detto il leader del partito di destra Nuova Democrazia, Antonis Samaras. Mentre Georges Karatzaferis (estrema destra) ha affermato di non voler «contribuire all’esplosione di una rivoluzione» accettando le misure proposte dalla troika.
Già in mattinata Papademos dovrebbe riprendere la mediazione e cercare di trovare un accordo con i partiti entro il pomeriggio. Poi, con ogni probabilità, ci sarà un nuovo incontro con i funzionari della troika, nella speranza di trovare un accordo definitivo per il salvataggio. Papademos farà colloqui con Poul Thomes del Fmi, Matthias Mors della Commissione europea e Klaus Masuch (Bce). Il clima ad Atene resta molto teso, soprattutto tra le parti sociali. I principali sindacati si riuniscono oggi per indire uno sciopero generale che potrebbe durare dalle 24 alle 48 ore. E nuovi corte di protesta sono previsti in piazza Syntagma.
6 febbraio 2012