Marco Zatterin. Diciassette ore di vertice consumate in quattro plenarie con diciannove fra Capi di Stato e di governo di Eurolandia. Poi tre roventi match fra Alexis Tsipras e Angela Merkel, col francese Hollande e il presidente del Consiglio Ue Tusk a mediare. Infine il difficile accordo, che disegna un percorso di uscita, ma non chiude la partita.
L’Eurosummit ha accolto la richiesta di Atene per un prestito triennale da 82-86 miliardi concesso dal fondo salvastati Esm. In cambio, il governo ellenico si è impegnato a riformare Iva e pensioni entro domani, quindi a intervenire sul sistema giudiziario entro il 22. Condizioni durissime, peggiori di quelle bocciate dal referendum del 5 luglio, ma che possono permettere ai greci di non fare bancarotta e di restare nella moneta tedesca, cosa che – davanti alla pressione tedesca e nordica – non era più scontata.
«Non ci sono vincitori e vinti», ha detto Tusk nella conferenza stampa ieri mattina. Non vince Frau Merkel che ha lungamente cercato una pesante rivalsa nei confronti degli sfiduciati (anche giustamente) greci, sino a tentare inutilmente di mettere nero su bianco la minaccia di una cacciata dall’Ue. Non perde Tsipras che si piega davanti all’ordine di chiudere in pochi giorni le riforme che il Paese non ha fatto in anni, eppure ottiene la promessa di una ridefinizione di oneri e tempi dell’immenso debito (quasi 200% del pil). Fa punti la Francia di Hollande che ha protetto Tsipras dalle offensive di Berlino, con l’Italia di Renzi impegnata a fare altrettanto, anche se da una posizione meno avanzata. Ora c’è un nuovo ultimatum, con un negoziato che prenderà una mesata. Atene otterrà anche 12 miliardi per pagare la Bce e gli stipendi pubblici sino a metà agosto. Non sono regalati ma è meglio che fallire. Posto che il mancato rispetto degli impegni chiuderà i rubinetti e porterà fuori dall’euro.
Il prestito
Pagherà l’European Stability Mechanism, non appena le condizioni saranno state realizzate. Il comunicato finale del vertice nega ogni ipotesi di taglio nominale del debito, ma apre a un suo diverso profilo: tempi più lunghi; tassi più bassi.
Privatizzazioni
Sarà creato fondo di garanzia di circa 50 miliardi, con sede ad Atene e non in Lussemburgo come ambivano i tedeschi. Guideranno i greci con la supervisione delle istituzioni creditrici. Conterrà pezzi di patrimonio e anche le banche, con 25 miliardi per ricapitalizzarle. I profitti generati da questo strumento, dopo aver sanato il conto del consolidamento del credito, saranno investiti nell’economia greca.
Le riforme
Entro domani intervento su fisco (Iva) e previdenza, con l’età pensionabile a 67 anni. Entro il 22, adozione del nuovo codice di procedura civile e il recepimento delle norme Ue per le crisi bancarie. L’intesa stipulata tra l’Ue e la Grecia sarà monitorata dai creditori. E’ il ritorno della Troika.
Il prestito ponte
In attesa dell’accordo e degli esborsi dell’Esm, la Grecia ha bisogno di soldi per pagare i debiti (3,5 miliardi alla Bce il 20 luglio), 2 miliardi al Fmi, più quelli che occorrono per gestire la cosa pubblica in patria. Un gruppo tecnico ha cominciato a lavorare a una soluzione giudicata «molto complessa». Probabile un Eurogruppo virtuale giovedì mattina. Si parla di utilizzare il tesoretto degli utili maturati dall’acquisto di bond avviato da Bce nel 2010 (3,3 miliardi) e si immagina il ricorso al vecchio fondo anticrisi Ue, l’Efsm (ha in cassa 13 miliardi). Nel frattempo, in presenza dell’intesa politica di cornice, la Bce fornirà liquidità alle banche. Serve a prendere tempo. E a scongiurare una Grexit, se tutti faranno quello che è stato promesso nella lunga notte di Bruxelles: in particolare i sei Parlamenti, prevalentemente «falchi», che dovranno approvare l’intesa.
La Stampa – 14 luglio 2015