“Secondo una stima approssimativa, si può dire che l’Italia importa dalla Germania circa il 25-30% del proprio fabbisogno di carni suine. Ma il sistema di controlli è efficace e ha già messo in condizione gli operatori di individuare le partite sospette e di eliminarle dal commercio. Gli unici rischi derivano dai cibi contraffatti o immessi sul mercato in maniera illegale, a fini di evasione fiscale. Per questi produttori non ci deve essere indulgenza”. A dirlo è il presidente della Società italiana di medicina veterinaria preventiva (Simevep), Aldo Grasselli.
Dal momento in cui è scattato l’allarme diossina in alcuni allevamenti di carni suine in Germania, “il sistema di controllo italiano – assicura l’esperto – ha consentito, in presenza di alimenti ‘sospetti’, di respingerli, di distruggerli o di effettuare esami per verificarne la sicurezza. Tutto ciò che viene introdotto nel nostro Paese viene infatti certificato dall’origine alla destinazione, e non solo come prodotto finito: la tracciabilità permette di individuare una provenienza sospetta, anche nel caso di alimenti usciti dalla fabbrica prima dell’emergenza, come ad esempio gli insaccati, i wurstel. Risalendo al luogo di produzione è infatti possibile capire se questi cibi arrivano dagli allevamenti incriminati ed effettuare i dovuti esami”.
Insomma, se una fase della filiera va ‘in crisi’, è possibile evitare i danni. “Gli unici pericoli – avverte Grasselli – derivano dal commercio ‘nero’, illegale, contraffatto”, che sfugge ai controlli delle autorità italiane. Quanto alla Cina, che ha disposto oggi la sospensione delle importazioni dalla Germania di uova e carne di maiale, “in questo settore vige una politica delicata – conclude il presidente Simevep – e in presenza di allarmi del genere si giustifica l’apertura o la chiusura dei mercati. Ma si tratta di forme di protezionismo sanitario che in realtà sarebbero vietate”.
Veterinaria preventiva.it
12 gennaio 2012