Il grano ai minimi porta in piazza gli agricoltori. Oltre 100mila produttori guidati dalla Coldiretti hanno manifestato ieri nelle piazze di Palermo, Potenza, Termoli e Bari, per la «giornata in difesa del grano italiano» indetta dall’organizzazione agricola.
«Con questi prezzi gli agricoltori non possono più seminare – ha denunciato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, intervenendo alla protesta degli agricoltori a Bari e c’è il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale». Per l’associazione in pericolo non ci sono solo la produzione di grano, con il lavoro di chi lo produce e l’indotto della filiera, ma anche un territorio di due milioni di ettari, il 15% dell’intero territorio nazionale, «a rischio desertificazione».
La crisi riguarda tutti i mercati agricoli e quelli dei seminativi in particolare, ed è determinata da un eccesso d’offerta ormai strutturale, ma quella del grano duro – una nicchia se confrontata ai numeri del grano tenero o del mais, ma in cui l’Italia è tra i primi produttori e consumatori al mondo è la filiera che sta pagando il prezzo più elevato. Le quotazioni sono dimezzate rispetto ai livelli già bassi di un anno fa, la raccolta 2016 è stata da record, ma la qualità di gran parte della produzione è inferiore alle aspettative dell’industria molitoria, che ieri ha ribadito come l’import sia complementare e non alternativo alla produzione nazionale. Nelle prime quattro settimane della nuova campagna, inoltre, gli acquisti di grano estero sono diminuiti di oltre il 60 per cento.
Per Moncalvo però, che ieri ha denunciato anche il peso della speculazione finanziaria nei ribassi degli ultimi mesi, «serve più trasparenza sul mercato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da paesi extracomunitari, dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia e in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale».
All’origine della crisi ci sono anche alcune scelte di politica agricola, dal disaccoppiamento degli aiuti Ue (slegati dalla produzione 10 anni fa, con l’aggravante di aver cristallizzato una distribuzione dei sussidi che premia poche grandi aziende), allo smantellamento degli altri due pilastri della politica europea: il sostegno alle esportazioni e la protezione alle frontiere, con clausole di salvaguardia sempre più difficili da attivare (ne sanno qualcosa i produttori di riso e zucchero). Giovedì era stata la Cia-Agricoltori italiani a chiedere il blocco dell’import per «almeno 15 giorni» nel disperato tentativo di ridare ossigeno al mercato.
Intanto questa settimana il Corpo forestale ha sequestrato oltre 6mila quintali di grano duro contaminato da micotossine in un impianto di stoccaggio a Foggia. Grano tutto italiano.
Alessio Romeo – 30 luglio 2016