Lo chiarisce un decreto legge (GU del 31 ottobre) che richiama una legge del 1993 dove le due voci erano già tutelate dal pignoramento. Il principio era già stato ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale sull’impignorabilità dei beni delle Asl. Dal decreto arriva però una stretta ai tesorieri. Ma anche molte incertezze. Il commento di Antonio Lepre. Nessun colpo di scena, come ventilato da qualcuno. La sostanza in materia di pignorabilità dei beni delle Asl e delle Aziende ospedaliere dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 3 luglio scorso, resta intatta. I beni di Asl e Ao sono pignorabili dai creditori ma ad esclusione delle risorse utili al pagamento degli stipendi dei dipendenti e dei convenzionati e di quelle finalizzate alla tutela dei Livelli essenziali di assistenza.
Lo ribadisce un articolo del decreto legge contenente misure finanziarie urgenti in favore di Regioni ed Enti locali ed interventi localizzati nel territorio approvato il 29 ottobre scorso dal Consiglio dei ministri (GU del 31 ottobre) che – si legge in una nota di Palazzo Chigi – stabilisce, in base al principio dell’esigenza di assicurare la continuità dell’erogazione delle funzioni essenziali connesse al Servizio sanitario nazionale, di disporre l’obbligo in capo al tesoriere, al momento dell’adozione della delibera trimestrale di impignorabilità, di rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza delle Aziende sanitarie finalizzate alla tutela dei Livelli essenziali di assistenza.
L’esigenza cui fa riferimento il decreto del Governo era infatti già sancita dalla legge 18 marzo 1993, n. 67 che all’art.1 prevedeva che“Le somme dovute a qualsiasi titolo alle unità sanitarie locali e agli istitutidi ricovero e cura a carattere scientificonon sono sottoposte ad esecuzione forzata nei limiti degli importicorrispondenti agli stipendi e alle competenze comunque spettanti alpersonale dipendente o convenzionato, nonché nella misura dei fondia destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione deiservizi sanitari”.
Una garanzia che, come dicevamo, la stessa Corte Costituzionale, pur sancendo l’illegittimità della legge di stabilità 2011 e successive, laddove si prevedeva l’impignorabilità dei beni di Asl e Ao fino al dicembre 2013, riconosceva come tale istituto non fosse in ogni caso già applicabile agli istituti previsti dalla citata legge del 1993.
La novità introdotta dal Governo con il decreto legge è quindi unicamente quella di prevedere vincoli precisi nell’attività del tesoriere al momento dell’adozione della delibera trimestrale di impignorabilità integrando il citato articolo 5 della legge del 1993, ribadendo anche l’obbligo di attenersi all’ordine cronologico delle fatture o delle scadenze per il pagamento dei debiti.
Per capire meglio cosa può cambiare con il decreto del Governo abbiamo sentito il parere del magistrato Antonio Lepre.
Dottor Lepre, insomma, con questo decreto cambia qualcosa o no sulla questione dei pignoramenti per Asl e ospedali?
Una premessa è d’obbligo: la situazione normativa è tutt’altro che chiara. In ogni caso, pare che il decreto legge confermi la vecchia normativa, cioè la possibilità di destinare alcune somme ai così detti servizi indispensabili e sottrarre così le relative somme ai pignoramenti: la normativa nuova chiarisce però che la eventuale delibera di destinazione ai servizi indispensabili opera anche per i vecchi pignoramenti, sicché – nei limiti delle predette somme – il vincolo pignoratizio non opera. Infine, la nuova normativa formalizza quanto disse la Corte Costituzionale cioè che tale delibera “vince” il vincolo pignoratizio sempre che sia rispettato l’ordine cronologico dei pagamenti, partendo cioè dal più vecchio dei crediti ai più giovani (e deve ritenersi che ciò riguardi sia i crediti relativi ai servizi indispensabili che quelli non indispensabili, all’interno dei due sottoinsiemi di somme.
E quindi?
Ad esempio, pur se non mancano incertezze interpretative sulla seguente ricostruzione, se ho destinato 100 al pagamento dei servizi indispensabili devo iniziare a pagare i tutti i debiti indispensabili dal più vecchio al più nuovo; se è residuata la somma di 80 per quelli non essenziali devo sempre rispettare l’ordine cronologico; la sanzione per il mancato rispetto dell’ordine cronologico è il venir meno del beneficio derivante dalla delibera di destinazione al pagamento dei servizi indispensabili.
Ma perché sino ad oggi, vista la normativa preesistente le ASL non hanno quasi mai beneficiato di tale normativa?
E’ difficile dare una risposta. Le ragioni possono essere varie: a) in primo luogo, a vedere quali sono i servizi indispensabili si scopre che, agli stipendi previsti dalla normativa primaria, sono da considerarsi indispensabili anche tutti i servizi relativi e necessari per l’espletamento dell’assistenza sanitaria ospedaliera convenzionata e farmaceutica: è dar ritenere quindi che anche i fornitori dei prodotti e servizi necessari a tali attività rientrino tra i servizi indispensabili, sicché in buona sostanza tutti i fornitori dovrebbero essere pagati, ad eccezione di casi residuali (ad esempio il fornitore delle piante di arredo o di cose estetiche del tutto prive di utilità funzionale); b) la normativa – come integrata dalla Corte Costituzionale e poi ora confermata dal nuovo decreto legge – impone un ordine contabile e un rigoroso rispetto dell’ordine cronologico dei pagamenti, il che ad essere maliziosi pare proprio quello che le ASL in dissesto non hanno mai voluto raggiungere: al di là dele singole intenzioni, rsta il fatto che i manager e la classe politica di riferimento tutto hanno fatto tranne che mettere trasparenza e ordine con tutte le distorsioni conseguenti e facilmente immaginabili; c) forse, il criterio dell’ordine cronologico è troppo rigido e poco adatto a consentire il soddisfacimento delle esigenze ordinarie di un servizio così complesso come quello sanitario.
Ci sta dicendo che, in alcuni casi, l’ordine cronologico potrebbe “venir meno”?
Mi spiego meglio. Se ad esempio finisce il filo di sutura oppure un dato reagente per fare le analisi indifferibili per la salute dei pazienti, sembra abnorme imporre il pagamento di un credito relativo a un servizio ordinato in precedenza ma meno importante. Infatti, il mancato pagamento dei beni necessari per le attività indifferibili potrebbero indurre il fornitore a non effettuare più le relative forniture. Insomma, l’ordine cronologico dei pagamenti sembra più adatto nell’ottica di piani di rientro parafallimentare, cioè che presuppongono la cessazione dell’ente decotto e non la continuazione della sua attività.
Da quanto ci dice non sembra azzardato ipotizzare un forte contenzioso.
Purtroppo temo sia una ipotesi fondata. Il contenzioso appare inevitabile. Restano intatti tutti i rilevantissimi e complicatissimi aspetti processuali, cioè di come tutto questo possa concretamente operare all’interno del processo di esecuzione in caso di contestazioni da parte del creditore del rispetto di tale ordine cronologico. E resta da vedere se il tesoriere possa effettivamente svincolare le somme pignorate ove non abbia la prova del rispetto dell’ordine cronologico dei pagamenti: non dimentichiamo infatti che in tanto opera tale delibera di sottrazione delle somme ai pignoramenti in quanto vi sia il rispetto nei pagamenti dell’ordine cronologico dei creditori. Insomma, il legislatore ancora una volta mette inconsapevolmente una “bomba processuale” col rischio cocnreto di produrre altro contenzioso in una giustizia civile già allo stremmo e peraltro su un argomento delicatissimo.
Quindi ancora una volta è colpa della “politica”?
Anche qui sono doverose delle premesse, in quanto è troppo facile dare la colpa alla “Politica” come fosse altro da noi. L’attuale Governo ha ereditato una situazione abnorme e ha il grande merito di essere stato il primo Governo dopo anni di latitanza a voler risolvere il problema: questo non è poco, anzi è moltissimo, è una grande e meritevole assunzione di responsabilità. Ora si dovrebbe tentare un ulteriore atto di coraggio, il tentativo cioè di affrontare la problematica dei debiti della PA con una visione di insieme del problema e non solo più di tipo contabile-ragionieristica.
Quotidiano sanità – 5 novembre 2013