Il dopo-Lupi, per ora, si chiama Renzi. Sarà il presidente del Consiglio a tenere l’interim alle Infrastrutture, in vista di un mini-rimpasto previsto nelle prossime settimane. Nell’incontro di Palazzo Chigi, in cui ha concordato con Lupi e Angelino Alfano l’exit strategy dal rovente caso dei grandi appalti, il premier non ha indicato alcuna soluzione immediata per la sostituzione del ministro costretto alle dimissioni.
Ha solo fatto capire ai suoi interlocutori che la pesante delega non andrà più all’Ncd. Renzi, adesso, non vuole commettere passi falsi per la gestione di questo ministero-chiave ed è pronto a discuterne lunedì con il capo dello Stato Sergio Mattarella. Nel frattempo, valuta l’ipotesi di spacchettare il dicastero, trasferendo a Palazzo Chigi le competenze della struttura tecnica di missione (quella che era guidata da Ercole Incalza). Un vecchio pallino del presidente, che proprio Lupi non ha mai condiviso.
Il ministero, così “alleggerito”, potrebbe essere affidato a un tecnico. A un nome magari di prestigio come quello di Raffaele Cantone, presidente dell’authority anticorruzione. Sarebbe una scelta di chiaro significato simbolico, una riposta mediatica all’allarme tangenti. Ma il magistrato dovrebbe dimettersi dall’attuale incarico dopo un solo anno dalla nomina. Circolano pure alcune possibili alternative: Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica ed ex ad di Ferrovie, o Andrea Guerra, già al timone di Luxottica e oggi consulente di Palazzo Chigi. Chi ha parlato con Renzi nelle ultime ore, però, non esclude affatto che il successore di Lupi sia alla fine di nuovo un politico. Un abituale frequentatore dell’inner circle del primo ministro: si fa il nome anche di Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza che lascerebbe così il posto al collega Luca Lotti. Ma non è escluso che lo stesso Lotti – che oggi presiede il Cipe – vada a sedersi sulla poltrona fino a oggi occupata da Lupi. Più difficile, invece, la pista che porta al deputato David Ermini o a Debora Serracchiani: quest’ultima darebbe più peso alla componente rosa nel governo, ma dovrebbe abbandonare la guida della Regione Friuli a meno di due anni dall’elezione. E c’è chi, in nome del mantenimento degli equilibri interni al Pd, azzarda il nome di Matteo Mauri, che fu responsabile Infrastrutture della segreteria Bersani.
All’Ncd, uscito acciaccato dalla bufera giudiziaria di Firenze, Renzi avrebbe comunque assicurato «un adeguato peso politico all’interno dell’esecutivo ». Un modo anche per favorire il commiato di Lu- pi. In realtà, l’ipotesi più probabile è l’approdo di Gaetano Quagliariello agli Affari Regionali. Di fatto, un ridimensionamento. Ecco perché l’influente componente meridionale del Nuovo centrodestra da ieri ha cominciato a reclamare alcune “compensazioni”. Come un irrobustimento del ministero con alcune deleghe per il Mezzogiorno. Soluzione che, però, dovrebbe passare da una legge.
I margini di incertezza, insomma, sono ancora molti. Quagliariello, attuale coordinatore di Ncd, resta comunque in pole per un ingresso nel governo, anche se fra gli alfaniani non manca chi avanza altre candidature, come quella dell’ex presidente del Senato Renato Schifani. Non è un mistero che Quagliariello prediliga la Pubblica istruzione, e quest’opzione apre un altro scenario possibile: il “sacrificio” di Stefania Giannini, che a difesa della sua posizione può però vantare il recente passaggio al Pd e il lavoro appena avviato per la riforma della scuola. Di rimpasto più ampio, con un lungo valzer di deleghe, parlavano invece ieri sera alcuni stretti collaboratori di Renzi. In ogni caso il premier si presenterà al taglio del nastro per l’Expo da ministro delle Infrastrutture. Ma dopo le Regionali l’esecutivo avrà un aspetto differente. Non un Renzi-bis, ma una squadra che punta tutto (anche in termini d’immagine) sulla lotta al malaffare.
Repubblica – 20 marzo 2015