Dopo il round tecnico in programma il 26 luglio sul delicato tema della flessibilità in uscita, le parti sociali e l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale torneranno a incontrarsi il 5 e il 18 settembre sui trattamenti delle donne e sulla previdenza complementare. Solo al termine di questi cicli di appuntamenti il governo deciderà, sulla base delle risorse disponibili, le misure pensionistiche da adottare nel 2024
Se non un rebus, quasi. È quello della Quota, o delle “Quote”, da adottare nel 2024 in attesa che il governo trovi le risorsi per superare, almeno parzialmente, la legge Fornero negli anni successivi. Sul tavolo ci sono già Quota 96 per i soli lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti, ovvero l’uscita con 61 (o 60) anni d’età e 35 di versamenti, Quota 41 “contributiva” e la proroga di Quota 103. Quello della flessibilità in uscita resta il nodo più complicato da sciogliere. Anche se è ormai chiaro che una soluzione definitiva sarà individuata soltanto in prossimità del varo della manovra autunnale in calendario a metà ottobre. Solo a quel punto il governo sarà in grado di conoscere i reali spazi di finanza pubblica utilizzabili per i nuovi interventi da far scattare il prossimo anno dopo il “fine-corsa” previsto per il 31 dicembre dell’attuale Quota 103 e di Ape sociale. I sindacati torneranno a chiedere risposte immediate nel round tecnico del 26 luglio (inizialmente doveva svolgersi il 18 luglio ma poi è stato rinviato di una settimana) con l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa, l’organismo istituito dal ministro del Lavoro, Marina Calderone. Un round in cui sarà affrontato proprio il tema della flessibilità in uscita. Ma la strada che porta alla soluzione del rebus appare ancora lunga.
Il 18 settembre l’ultimo dei confronti tecnici
Dopo il primo round dell’11 luglio sul tema delle garanzie pensionistiche per i giovani con carriere discontinue, il nuovo appuntamento tra le parti sociali e l’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale è fissato per il 26 luglio sulla spinosa questione della flessibilità in uscita. Gli ultimi due incontri sono in calendario il 5 settembre sui trattamenti pensionistici delle donne e il 18 settembre sulla previdenza complementare. Al termine di questi ciclo di riunioni l’Osservatorio consegnerà al ministro Calderone i dossier con le sue valutazioni e le sue proposte. E la loro fattibilità sarà valutata a fine settembre sulla base delle risorse che risulteranno utilizzabili dopo la presentazione da parte del governo della Nota di aggiornamento al Def (NaDef).
L’esperienza annuale di Quota 103, la possibilità di uscita con 41 anni di contributi e 62 anni d’età, si esaurirà il 31 dicembre. Alla luce degli stretti spazi di finanza pubblica all’interno dei quali si dovrà muovere il governo, un suo prolungamento a tutto il 2024, magari con qualche ritocco, viene al momento considerata una soluzione abbastanza probabile.
Quota 41 «contributiva»
L’obiettivo della Lega e di una parte della maggioranza resta quello di aprire la strada prima della fine della legislatura a Quota 41 in forma secca (pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età). Questa misura è però molto costosa: circa 4 miliardi solo il primo anno. Per questo motivo il Carroccio non direbbe no all’introduzione, in forma temporanea, di una Quota 41 vincolata al ricalcolo contributivo dell’assegno. Che in questo caso si ridurrebbe del 10-15%.
Quota 96 per lavori gravosi e usuranti
Tra le varie ipotesi di “Quote” in circolazione c’è anche Quota 96. Che garantirebbe l’uscita con 61 anni d’età (ma c’è chi ipotizza anche con 60 anni) e 35 di versamenti solo per alcune specifiche categorie. E tra queste dovrebbero essere comprese quelle dei lavori impegnati in attività gravose e usuranti.
Il Sole 24 Ore