Un team dell’Organizzazione mondiale della sanità ha visitato il mercato di animali vivi di Wuhan, dal quale secondo alcuni sarebbe partita l’epidemia di Covid-19. I membri del team sono stati visti camminare attraverso sezioni del mercato di Baishazhou, uno dei più grandi mercati umidi di Wuhan, circondati da un folto seguito di funzionari e rappresentanti cinesi. I membri, con esperienza in veterinaria, virologia, sicurezza alimentare ed epidemiologia, hanno finora visitato due ospedali al centro dell’epidemia precoce: il Wuhan Jinyintan Hospital e l’Hubei Integrated Chinese and Western Medicine Hospital. Giovedì scorso l’OMS con sede a Ginevra ha dichiarato su Twitter che il team prevede di visitare ospedali e mercati come il mercato del pesce di Huanan, che è stato collegato a molti dei primi casi.
La squadra di esperti inviati dall’Oms a Wuhan per indagare le origini della pandemia di Covid-19 si è recata il 31 gennaio nel mercato di animali vivi dove si suppone che il virus possa essere passato dall’animale all’uomo. Gli specialisti sono entrati nel complesso, chiuso da un anno, scortati dalle forze di sicurezza, che hanno allontanato i cronisti intervenuti sul posto.
I media cinesi stanno dedicando pochissimo spazio alla presenza degli esperti dell’Onu e Pechino cerca di minimizzare il più possibile la portata della missione. “Non è un’indagine”, ha dichiarato venerdì un portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Il ‘Global Times’, organo in lingua inglese del Partito Comunista, cita da parte sua “successive indagini” secondo le quali il mercato non sarebbe stato all’origine del contagio.
L’Oms ha già raffreddato le attese di trovare elementi risolutivi sulle radici della pandemia che ha sconvolto il mondo e assestato un colpo durissimo all’economia globale. Per gli esperti appare infatti difficile raccogliere elementi davvero significativi, alla luce della ferma volontà di Pechino di portare avanti una narrazione trionfalistica, con un conteggio ufficiale di 4.636 morti e nemmeno 90 mila casi, e di negare possibili responsabilità o mancanze.
La seconda giornata di missione si era svolta infatti all’insegna della propaganda. Dopo una visita al primo ospedale Covid di Wuhan, sulla quale la delegazione Oms ha fatto sapere pochissimo, gli esperti internazionali sono stati condotti alla mostra con la quale il Partito Comunista ha reso omaggio al personale sanitario cinese che ha lottato contro il virus. I visitatori sono stati accolti da decine di manichini in tuta da infermiera e da un mare di bandiere rosse. Enormi ritratti del presidente, Xi Jinping, dominavano le sale, mentre pannelli più piccoli tributavano la memoria dei medici e degli infermieri uccisi dal coronavirus.
Una cronologia ripercorreva i passi della lotta di Xi contro la pandemia. Letti in ferro rievocavano gli ospedali da campo che erano stati costruiti in pochi giorni per accogliere migliaia di pazienti e allentare la pressione sulle strutture sanitarie. Quando hanno lasciato la mostra, gli investigatori dell’Oms non hanno rilasciato dichiarazioni alla stampa.
Sulle prossime tappe della missione non si sa molto. Michael Ryan, il direttore delle operazioni di emergenza dell’Oms, è rimasto sul vago nell’incontro con i giornalisti di venerdì scorso, limitandosi a parlare di un “programma molto, molto impegnativo”. L’unica cosa sicura è che tra le prossime tappe figura quell’Istituto di virologia di Wuhan dal quale, secondo la precedente amministrazione Usa, il virus potrebbe essere uscito in seguito a un incidente, una possibilità che Pechino nega con decisione.