L’embargo russo sui generi alimentari occidentali ha colpito anche alcuni prodotti italiani. Degli effetti a breve e medio termine di queste controsanzioni abbiamo parlato con il responsabile economico della Coldiretti, Lorenzo Bazzana. Secondo il quale, considerato che nel 2013 abbiamo esportato in Russia merci agricole e alimentari per circa 706 milioni di euro, le perdite potrebbero aggirarsi sui 20 0 milioni.
In particolare, secondo le stime elaborate dalla stessa Coldiretti, dopo la proclamazione dell’embargo parziale dei prodotti, a rischio si trovano le forniture di carne e prosciutto di Parma e San Daniele e i formaggi Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Ma le perdite più consistenti si registrano nel settore ortofrutticolo. Non solo: le tensioni delle ultime settimane rischiano di assestare un colpo al processo di crescita nell’interscambio commerciale che durava da anni, e che aveva consentito a molte aziende italiane di trovare nella Federazione una valida alternativa alla debolezza della congiuntura nel mercato interno.
In Spagna, in alcune zone dell’Aragona risultano esserci circa 60mila tonnellate di messe e frutti non raccolti. Sulla scia di questa situazione, i prezzi sono calati del 40% netto. «Purtroppo situazioni simili si sono verifi cate anche da noi», sottolinea Bazzana. La differenza è che in Italia è rimasta coinvolta in maggior parte la grande quantità dei frutti già raccolti e pronti ad oltrepassare il confine con la Russia. «Questa è stata la sorte soprattutto di pere e pesche, rimaste non consegnate. Al momento, stiamo calcolando le conseguenze dirette, non si possono però ignorare quelle indirette che potrebbero portare nel breve periodo a un calo dei prezzi sulla categoria di questi prodotti. Tuttavia, non è neppure da escludere, a onor del vero, che la situazione possa migliorare», aggiunge.
Come hanno reagito alla notizia dell’introduzione dell’embargo i produttori italiani, molti dei quali da tempo consolidato ormai commerciano con successo con la Russia?
La loro reazione è stata decisamente negativa. Avevano infatti speso per la promozione e la pubblicità delle compagnie in Russia non pochi soldi e c’è il rischio che tutti questi investimenti non vengano mai più recuperati.
Converrete anche voi che sarà difficile poi per l’Italia riconquistare il mercato russo.
In quali paesi esporterà ora le merci ch’eran destinate alla Russia?
Al momento non vorrei fare previsioni. Per me è chiarissima una cosa, che quei paesi che assicureranno i prodotti alla Russia saranno costretti a limitare le loro forniture negli altri paesi. In relazione a questo, è necessario fare un’analisi approfondita per capire quali canali e possibilità potrebbero aprirsi in questo senso per l’Italia.
Faccio notare però, che il tempo stringe, perché si tratta di merce deperibile che non può essere conservata a lungo. In ogni caso, vogliamo fortemente riprendere l’esportazione dei nostri prodotti verso Mosca.
Durante un’intervista, Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Inalca (gruppo Cremonini, leader italiano nella produzione e distribuzione di carni bovine) e vicepresidente di Federalimentare ha definito le sanzioni europee “masochismo economico”, sottolineando che la situazione fungerà da forte stimolo per lo sviluppo dello stesso settore agricolo e dell’industria alimentare. Lei è d’accordo con queste conclusioni?
Per me è chiaro che, dopo la decisione sull’embargo, la Russia cercherà di agire su due fronti, interno ed esterno. Da una parte punterà a trovare fornitori alternativi per quei generi alimentari che rischiano di sparire dal suo mercato.
Dall’altra, incentiverà la crescita del proprio comparto agroalimentare, incoraggiandone l’autosufficienza tramite maggiori investimenti nel settore.
A suo modo di vedere c’è una via d’uscita da questa crisi? Può l’Italia, in qualità di paese che presiede ora al Consiglio europeo, contribuire alla sua risoluzione?
Essendo io un tecnico, non sono pronto per dare consigli ai politici. Indubbiamente ci troviamo sulla via estremamente scivolosa che potrebbe condurre persino alla guerra, cosa cui non voglio neppure pensare. Penso che in questo momento bisogna ricercare il dialogo fra tutti i paesi coinvolti. Per riuscire a ottenere un risultato è necessario buon senso e desiderio reciproco di trovare una soluzione.
Niva Mirakyan – Repubblica – 17 settembre 2014