Nicola Pinna. Non è una perquisizione ma poco ci manca. Gli 007 che combattono lo spreco alimentare agiscono in silenzio come investigatori veri. Entrano in azione nel primo pomeriggio, poco dopo la fine del pranzo, quando le famiglie sono già pronte a lavare i piatti e a cancellare le tracce del “delitto”. Suonano il campanello senza preavviso e puntano dritto verso il cestino dei rifiuti: il corpo del reato è lì. Le tracce dei comportamenti scorretti delle famiglie italiane si trovano proprio nel sacchetto, dove si riversa tutto ciò che non finisce nel piatto, frutta e verdura diventati marci in frigorifero e pietanze cucinate e non consumate.
I detective dell’antispreco hanno attraversato quasi tutta la Penisola e hanno controllato i comportamenti di oltre 400 famiglie. Dalle case sono passati alle mense scolastiche e quella che viene fuori è la prima stima realistica del Made in Italy sprecato, perché finora le cifre sul fenomeno erano specchio di studi e sondaggi. Questa volta è sceso in campo un team di 007: i ricercatori dell’Università di Bologna, Udine e della Tuscia, nell’ambito del progetto Reduce del ministero dell’Ambiente e della campagna «Spreco Zero». Il risultato è che gli italiani sono più virtuosi ma in ogni casa (ogni giorno) 100 grammi di cibo finisce in pattumiera, mentre in ogni scuola si arriva a 120 grammi per alunno, più o meno un terzo del piatto. «Buttar via il cibo è diventato un gesto automatico – commenta il professor Andrea Segrè – Ma le campagne di sensibilizzazione qualche effetto lo hanno prodotto e i dati sono in miglioramento».
Claudia Giordano, ricercatrice del Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari, ha coordinato le squadre che hanno fatto il giro delle case e verificato giorno per giorno quanto cibo è finito in pattumiera. «Le famiglie hanno prima compilato il diario quotidiano della gestione del cibo e noi, senza preavviso, siamo andati a verificare che le cifre dei cibi buttati via fossero veritiere – spiega Giordano – Nel corso dello studio abbiamo fatto una scoperta che non ci aspettavamo: l’alimento più sprecato è il latte. Tutti buttano via solo il fondo della tazza e così si raggiungono quantità incredibili». Nessuno lo aveva mai misurato, solo perché il latte non bevuto finisce nello scarico fognario. Quella dei cassonetti pieni di frutta e verdura, invece, è un’immagine a cui siamo abituati. «Lo spreco totale – sottolinea la ricercatrice – risulta più alto nelle famiglie numerose e con bambini. I single invece sono quelli che hanno lo spreco più alto pro-capite. I più spreconi, se così li possiamo chiamare, sono i giovani sotto i 35 anni e i professionisti, perché spesso non tornano a casa all’ora di pranzo e buttano via quello che avevano messo in frigo. Le verifiche fatte nelle case hanno smentito un luogo comune: non è vero che spreca di più chi al supermarket si fa catturare dalle offerte o chi fa la grande spesa una volta alla settimana».
Il problema per tutti è il tempo: chi trascorre più ore in ufficio e magari pranza in mensa o al ristorante quasi mai consuma i prodotti già acquistati. E il caso di una famiglia di Milano «ispezionata» dagli 007 dell’anti-spreco è la prova: «Fanno la spesa il sabato e non mangiano mai a casa. Tutte le provviste finiscono in pattumiera». E se non è un problema di tempo, la colpa è del marito vizioso: «Lui – hanno confessato molte donne ai ricercatori – non mangia mai quello che preparo io».
Matteo Boschini, anche lui ricercatore universitario di Bologna, ha tenuto d’occhio le mense in tre Regioni. «Il bello è stato notare l’impegno dei ragazzi che hanno preso a cuore la necessità di ridurre gli sprechi. Qualcuno di loro ha rischiato di finire dentro la pattumiera piena di gnocchi pur di recuperare una foglia di verdura che poteva ancora essere mangiata. È un buon segnale per il futuro».
La Stampa – 1 febbraio 2018