Martedì crescita, deficit e debito arrivano in Consiglio dei ministri: stime simili a sette mesi fa Dopo le europee possibile correzione. Il titolare del Tesoro e il futuro in Ue: “I ministri cambiano…”
Un Def «leggero». Congelato. Quasi fotocopia rispetto alla versione di settembre. Martedì prossimo il Documento di economia e finanza arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri per l’ultima volta in questa modalità. Dal 2025 cambia ruolo e sostanza, in virtù del nuovo Patto di stabilità europeo. Si passerà al Piano fiscale strutturale di medio termine: gli impegni si faranno lunghi quanto una legislatura. E il Parlamento italiano non toccherà palla: i documenti sui conti pubblici viaggeranno dal Mef a Bruxelles senza transitare dalle Camere.
Un problema per volta, prima bisogna far quadrare le previsioni sull’economia nel Def. Le tre variabili chiave — Pil, deficit e debito — che il ministero dell’Economia si appresta a ridefinire sono di poco difformi da quanto preventivato sette mesi fa. Un modo per prendere tempo, aspettare l’esito delle elezioni europee di giugno e poi correggere. A settembre il governo prevedeva di avere per quest’anno una crescita dell’1,2%, un deficit al 4,3% del Pil e un debito al 140,1%. Il nuovo quadro resta quasi simile: crescita all’1%, deficit stabile al 4,3% e debito poco sotto il 140,1%. Potrebbe essere al 139,8%, un valore molto vicino a quel tetto. O anche meglio, al 138%. La scelta su dove fermare l’asticella inizierà a prendere forma oggi, quando Giorgetti riunirà i vertici operativi del ministero: al tavolo per esaminare gli ultimi dati sulla spesa Superbonus nel 2023 siederà anche Davide Iacovoni, dirigente generale del Debito pubblico. In ogni caso la stima sul debito sarà utilizzata per dire di aver peggiorato solo di poco il livello dello scorso anno (137,3%), nonostante i bonus edilizi, e di essere anche rimasti al di sotto delle previsioni. Una narrazione troppo semplicistica che potrebbe mostrare la corda nei prossimi mesi. L’importante per Palazzo Chigi è scavallare le urne di giugno. Dopo si faranno i conti, politici ed economici, tra rimpasto e manovra correttiva. Ecco perché al quadro tendenziale prima descritto (come va l’economia italiana senza interventi) verrà affiancato un quadro programmatico (l’economia con le nuove politiche) di facciata. Differenze di uno o due decimali in più. Un deficit programmatico al 4,4 o al 4,5% significa avere uno spazio di 2-4 miliardi.Troppo pochi per una legge di bilancio che parte con 15 miliardi da trovare solo per evitare l’aumento delle tasse e riconfermare il taglio al cuneo e all’Irpef.
La Ragioneria, in realtà, aveva presentato a Giorgetti un quadro diverso, con un deficit tendenziale ben più alto per quest’anno (tra 4,5 e 5%). Non andrà così. Nei prossimi anni la situazione anzi sembra rosea, con il Pil all’1,2% nel 2025 e il deficit sotto il 4%. E un arrivo alla soglia europea del 3% nel 2026, come già stimato lo scorso autunno. Ma c’è ben poco da festeggiare. Ieri è toccato proprio al titolare del Tesoro presentare l’amaro calice ai parlamentari delle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Ha ricordato che l’apertura di una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia «è scontata». Ha insistito sulla necessità di tenere la spesa sotto controllo, oltre a sottolineare «l’innegabile necessità di misurare e monitorare gli effettivi benefici di ogni singola spesa». Brucia la ferita del Superbonus finito fuori controllo. Per questo ha lanciato la fine della stagione dei crediti d’imposta che — è l’auspicio — andrebbero sostituiti «con tipologie di intervento effettivamente controllabili, come ad esempio i contributi». È una sorta di “testamento” quello che ha consegnato al Parlamento. Un indizio che rafforza le voci di un possibile trasloco a Bruxelles in veste di commissario. Glissa — «cinque anni fa manifestai la mia indisponibilità » — ma ammette che «i ministri ci sono, poi cambiano». Come anticipato da Repubblica ne ha parlato con Giorgia Meloni. Il trasferimento gli eviterebbe una grossa grana: trovare i soldi per una manovra che oggi è povera. Leggera. Congelata.