Il rafforzamento della «spending review», con annesso accorpamento degli enti previdenziali, è l’arma di riserva per far fronte a ulteriori squilibri dei conti pubblici.
Una sorta di «salvadanaio» la cui dote al momento non è cifrata, ma che – come conferma la relazione tecnica al maxiemendamento alla manovra integrativa – avrà un «effetto rafforzativo», con l’obiettivo di individuare risparmi aggiuntivi per i ministeri rispetto a quanto previsto dal testo originario del decreto.
Stando alle stime circolate nei giorni scorsi, a regime si potrebbero spendere 5 miliardi in meno, che andrebbero in tal modo a integrare i 6 miliardi già previsti dalla manovra. Somme da verificare a consuntivo, come suggerisce la relazione tecnica che dà conto dei possibili effetti finanziari dell’emendamento di Enrico Morando (Pd) sostenuto dal governo, approvato dalla commissione Bilancio e ora inserito nel maxiemendamento su cui il governo ha ottenuto ieri sera la fiducia. La «revisione integrale della spesa pubblica» è l’unica novità di rilievo potenzialmente in grado di produrre risparmi futuri di una manovra che resta fortemente sbilanciata sul fronte delle entrate.
Ecco i dati. Nella versione originaria, la manovra integrativa di Ferragosto si basava su un aumento del gettito fiscale di 7,9 miliardi nel 2012 e di 17,7 miliardi nel 2013. Con il maxiemendamento in cui sono state accorpate tutte le modifiche al testo, il contributo delle maggiori entrate sale a 36 miliardi (14 miliardi nel 2012 e 22 miliardi nel 2013). Incremento che si deve per gran parte all’aumento dell’Iva, al gettito atteso dalla nuova stretta antievasione e al contributo di solidarietà del 3% sui redditi oltre 300mila euro l’anno.
Il capitolo dei tagli alla spesa è rimasto sostanzialmente invariato: 10,4 miliardi nel 2012 e 7,7 miliardi nel 2013. La conclusione è che nel passaggio al Senato la manovra correttiva complessiva per il biennio 2012-2013 sale nel suo effetto cumulato a circa 54,2 miliardi. Magna pars (oltre il 65%) è affidata dunque alle misure fiscali, che già prima del maxiemendamento (e dunque senza il ritocco dell’Iva) avrebbero comportato un aumento record della pressione fiscale: il 44,5% del Pil nel 2014, secondo le più recenti stime della Banca d’Italia.
Se si esaminano gli effetti congiunti della manovra di luglio e di quella in corso di approvazione da parte del Parlamento, a regime si sale a ben 59 miliardi. Correzione imponente, tra le più alte degli ultimi decenni, peraltro “tarata” su un tasso medio di crescita di circa l’1,5% nel prossimo triennio. Ogni significativa variazione al ribasso delle stime comporta evidentemente un incremento del deficit, da compensare con ulteriori correzioni in corso d’opera.
La relazione tecnica registra peraltro l’effetto della decisione di attribuire per intero agli enti locali il gettito della «Robin tax», pari a 1,8 miliardi nel 2012. Si riduce il taglio, ma a scapito dei ministeri cui era stato destinato in origine il 50% delle risorse derivanti dal prelievo. L’unico intervento strutturale sulla previdenza riguarda l’anticipo al 2014 del percorso per allineare a 65 anni l’età pensionabile delle donne del settore privato. Misura che non ha alcun impatto ai fini della riduzione del deficit da qui al 2013, anno del pareggio di bilancio, poiché comincerà a produrre i suoi effetti dal 2015, quando si risparmieranno 90 milioni. Poi si salirà progressivamente fino ai 720 milioni stimati nel 2021. Quanto alla riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio, a consuntivo si possono stimare risparmi pari a 60 milioni, che tuttavia non compaiono nella tabella riassuntiva messa a punto dalla Ragioneria.
Infine, sempre sul versante delle economie di spesa, il testo che ora affronta l’esame da parte della Camera opera un taglio di 4 miliardi già nel 2012 alle agevolazioni assistenziali e alle «tax expenditures», che passa a 12 miliardi nel 2013. È la “prenotazione” dei risparmi attesi dalla futura riforma fiscale: con la clausola di salvaguardia, se tali economie non saranno rispettate scatterà il taglio lineare degli attuali sconti.
Per il resto, sul versante delle maggiori entrate, il maggior apporto alla manovra viene dall’aumento dal 20 al 21% dell’aliquota ordinaria Iva, che la relazione tecnica quantifica in 4,2 miliardi l’anno a partire dal 2012. La misura avrà effetti anche nell’anno in corso: la stima della Ragioneria è che da qui alla fine dell’anno affluiranno 700 milioni in più. Quanto alla nuova versione del contributo di solidarietà, la previsione riferita ai 34mila soggetti che dichiarano più di 300mila euro l’anno è di maggiori incassi pari a 54 milioni nel 2011 e 144 milioni nel 2013 e 2014.
Nessuna stima infine per il recupero delle somme del vecchio condono Iva del 2002.
Ilsole24ore.com – 8 settembre 2011