La Commissione europea ha avviato due nuove procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia. Mancata trasmissione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi e leggi troppo stringenti sulla sperimentazione su animale le anomalie riscontrate a Bruxelles, che ora chiede interventi.
Nel primo dei due casi l’Italia e’ stata messa in mora per tardiva comunicazione delle misure per l’attuazione della direttiva per il trattamento dei rifiuti radiottivi. Attese entro agosto 2015, le spiegazioni sono state fornite solo a febbraio, ma mancano ancora la Valutazione ambientale strategica (Vas), le considerazioni ambientali richieste prima dell’attuazione del piano di smaltimento dei rifiuti, e la consultazione pubblica sui siti di stoccaggio. L’Italia, si apprende, e’ ora pronta a fornire ultieriori chiarimenti, nell’auspicio di poter chiudere immediatamente la procedura.
La seconda messa in mora riguarda la legge per la protezione degli animali utilizzati a fine scientifici, che pone “limitazioni eccessive” al loro utilizzo penalizzando la ricerca in Italia. Chiusa invece la procedura d’infrazione sulle buste di plastica non biodegradabili.
Nel 2007 l’Italia aveva messo al bando gli shopper per motivi ambientali, in assenza pero’ di un mercato di anologhe sporte biodegradabili. Nel frattempo l’Ue ha varato un nuova direttiva che va nella direzione della legislazione italiana.
Sperimentazione animale, procedura infrazione Ue: “Troppi limiti a test su animali per scopi scientifici”
Dal Fatto quotidiano. Il nostro Paese è stato messo in mora, il primo stadio della procedura di infrazione, perché la legge italiana, in particolare il decreto legislativo 26/2014, pone delle limitazioni eccessive all’utilizzo degli animali per scopi scientifici, rispetto a quanto viene consentito dalla direttiva 2010/63/Eu
Quando entro in vigore il decreto legislativo 26 riguardante la legge sulla sperimentazione animale, con articoli più stringenti della direttiva europea, gli scienziati spiegarono che così sarebbe stato impossibile fare ricerca biomedica in Italia.
E così sembra un paradosso che sia proprio l’Europa a dirci che quella legge è troppo severa con una nuova procedura di infrazione per da parte della Commissione europea. Il nostro Paese è stato messo in mora, il primo stadio della procedura di infrazione, perché la legge italiana, in particolare il decreto legislativo 26/2014, pone delle limitazioni eccessive all’utilizzo degli animali per scopi scientifici, rispetto a quanto viene consentito dalla direttiva 2010/63/Eu.
Le limitazioni, molto stringenti, sono state segnalate più volte alla Commissione dagli enti di ricerca italiani che, a causa delle restrizioni della legge, si dicono penalizzati rispetto ai centri basati in altri Stati membri, dove i limiti alla sperimentazione sugli animali sono più ampi. La politica finora ha evitato di risolvere la questione, che suscita reazioni forti in larga parte dell’opinione pubblica, ma ora sarà costretta a farlo, se vuole evitare sanzioni. Per risolvere la procedura sarà necessario rendere pienamente conforme l’ambito di applicazione della legge italiana con quanto previsto dalla direttiva Ue. La procedura di infrazione è regolata dall’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Ue, che conferisce alla Commissione, custode dei trattati, il potere di agire in giudizio contro lo Stato membro che non rispetti gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione.
Un anno fa furono proprio i ricercatori a segnalare i primi effetti negativi della legge. Un allarme lanciato al un convegno organizzato dalla piattaforma Research4Life. “Questa legge ha già portato a un indebolimento della figura dell’Italia – aveva sottolineato Silvio Garattini, direttore del Mario Negri di Milano -, alimentando l’impressione che nel nostro paese si voglia ostacolare la ricerca. Sul piano pratico abbiamo dei progetti fortemente rallentati, e ad altri dovremo rinunciare quando inizierà il divieto sulle sostanze d’abuso”.
La piattaforma Research4Life, che unisce istituti scientifici, enti benefici come Telethon e associazioni di pazienti, aveva lanciato una raccolta di firme per chiedere alla Commissione Ue di valutare la legge italiana, a forte rischio infrazione. “Gli obiettivi che abbiamo sono già enormemente difficili – aveva affermato Elena Cattaneo, direttrice del Centro di Ricerche sulle Staminali dell’Universita’ di Milano -. Il mio principio è ‘non un animale in più’ di quello che serve. Nel mio laboratorio un ricercatore che doveva venire dagli Usa ha rinunciato al finanziamento per il timore di non poter lavorare, ma il rischio è che la ricerca si blocchi del tutto”.
La ricerca di metodi alternativi, hanno sottolineato gli esperti, è già in corso, ma per alcuni test gli animali sono necessari. “Si pensi alle sostanze d’abuso, di cui escono nuove versioni in continuazione – aveva sottolineato Carlo Manfredi dell’Ordine dei Medici di Massa Carrara – se non si fanno test sugli animali dobbiamo aspettare che siano le persone ad assumerle per capire come funzionano”.
Agi – 28 aprile 2016