Il dibattito sulla possibilità di effettuare un richiamo del vaccino anti Covid in Italia è ancora aperto. Israele fa da apripista e dal primo agosto sta somministrando le terze dosi domani per tutti gli over 60. Negli Usa, invece, è stata già stilata la lista prioritaria di chi potrebbe riceverla.
La Germania offrirà agli anziani e a tutte le persone a rischio una terza dose di vaccino anti-Covid a partire da settembre. Il nuovo richiamo sarà effettuato solo con Pfizer o Moderna, ma sarà offerto anche a chi ha già ricevuto due dosi di Astrazeneca o la singola di Johnson&Johnson. L’annuncio è arrivato dal ministro della Salute, Jens Spahn, che ha citato le preoccupazioni su “una ridotta o rapidamente indebolita risposta immunitaria“. L’altra grande novità emersa dalla riunione tra Spahn e i ministri della Salute dei 16 Länder tedeschi riguarda invece i più giovani: è stato infatti deciso all’unanimità di estendere l’offerta di vaccinazione a tutti i ragazzi dai 12 ai 17 anni, nonostante al momento la Commissione permanente per le vaccinazioni (Stiko) non abbia raccomandata la somministrazione per questa fascia di età, ma abbia consigliato la vaccinazione solamente ai ragazzi che soffrono di patologie pregresse, quindi più a rischio in caso di contagio.
Con un terzo richiamo a settembre, i gruppi particolarmente vulnerabili dovrebbero essere protetti al meglio anche in autunno e in inverno. Questo si rende necessario “perché per loro il rischio di ridurre la protezione vaccinale è maggiore“. È questa la motivazione alla base della decisione presa oggi dalla Conferenza dei ministri della salute. La comunità scientifica al momento oscilla tra due posizioni: una sostiene che le difese immunitarie possono perdurare decenni. L’altra parte crede che dopo tre mesi le difese immunitarie comincino a calare e sia necessaria una terza dose. Emanuele Montomoli, professore di Igiene e Medicina Preventiva all’Università degli Studi di Siena e massimo esperto in studi di sieroepidemiologia sulle malattie infettive, a ilfattoquotidiano.it ha spiegato che la terza dose è “inevitabile”.
Attualmente, l’ipotesi è al vaglio del ministero della Salute. Nel frattempo, i pareri degli esperti aumentano: c’è chi ne sostiene la necessità e chi, invece, elenca i possibili rischi, nonostante altri paesi siano già pronti a inoculare le terze dosi.
I PAESI DOVE GIÀ SI FA IL RICHIAMO
Anche nel caso della terza dose a fare da apripista è Israele, lo stato che in tempi record aveva raggiunto il traguardo nella somministrazione delle prime due dosi a tutta la popolazione residente.
Se si hanno più di 60 anni, in Israele sarà possibile ricevere la terza dose di vaccino Pfizer, ma soltanto se dalla seconda inoculazione sono trascorsi cinque mesi o più. La decisione è stata presa dopo che un pool di ricercatori hanno osservato un calo dell’efficacia delle difese immunitarie in chi ha concluso il ciclo vaccinali sei mesi fa. Da qui la proposta di procedere con una terza immunizzazione, proposta che è stata raccolta dal governo.
Negli Stati Uniti, i Centers for disease control and prevention (Cdc) hanno stilato una classifica di priorità per chi deve ricevere la terza dose, che include: immunodepressi, tutti coloro che hanno subito trapianti di organi, persone in trattamento per il cancro, persone che vivono con condizioni reumatologiche, malati di Hiv e leucemia.
I PARERI IN ITALIA
Il Commissario straordinario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, ha dichiarato che, qualora fosse necessario procedere con la somministrazione di una terza dose del vaccino anti Covid-19, l’Italia è pronta.
Sergio Abrignani, docente di Immunologia all’Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts), ospite di ospite di Agorà Estate su Rai3 il 29 luglio, ha spiegato che «per la stragrande maggioranza delle persone a oggi non è prevista la terza dose, potrebbe essere necessaria solo in caso di calo della memoria immunologica o in presenza di una variante da cui non dovesse coprire il vaccino». Anche secondo Abrignani, dunque, la possibilità di un richiamo sarebbe da tenere in considerazione solo per i fragili e per chi ha risposto male alle due dosi di vaccino.
Anche Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma, si è espresso sulla questione: «Verosimilmente ci sarà bisogno di una terza dose di vaccino per le persone che assumono farmaci immunosoppressivi, per i trapiantati e per persone con patologie particolari (come malattie autoimmuni o patologie infiammatorie croniche) in cui la risposta al vaccino può essere ridotta», ha dichiarato in un’intervista al Corrire della Sera due giorni fa. Ma, ha aggiunto l’immunologo, «se vaccineremo almeno l’80-85 per cento della popolazione, possiamo pensare di ritornare a una quasi normalità».
Gianni Rezza, invece, direttore generale alla Prevenzione del ministero della Salute, rispondendo alle domande durante la conferenza stampa del 9 luglio sull’analisi dei dati del monitoraggio regionale Covid-19 della cabina di regia, ha dichiarato che «probabilmente un richiamo vaccinale ci sarà, anche se non sappiamo ancora quando, come e per chi».
Secondo Carlo Signorelli, ordinario di Igiene al San Raffaele, parlare di terza dose è invece «prematuro». Il professore ha detto in un’intervista al Corriere della Sera che il dibattito «sulla necessità di un boost rischia di portarci fuori strada e, se portato avanti, potrebbe diventare anche pericoloso», dal momento che, puntualizza Signorelli, ci sono ancora troppi over 60 e giovani non immunizzati. Pensare a un terzo richiamo, dunque, «potrebbe distoglierci dall’obbiettivo».
Salendo di grado, l’Ema si è espressa sul tema sottolineando che al momento «è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali». Dall’Oms, invece, il monito a pensare prima ai paesi poveri, molti dei quali non hanno ancora avuto la possibilità di somministrare le prime dosi.
L’AVVERTIMENTO DI PFIZER
Dopo che Israele ha pubblicato uno studio in cui si attestava che l’efficacia del vaccino Pfizer calava nel tempo (64 per cento in meno a giugno), la casa farmaceutica americana si è attivata per effettuare un approfondimento. Il 28 luglio, è la stessa Pfizer ad ammettere che il dato è reale: il vaccino perde d’efficacia col passare dei mesi. Tuttavia, precisa l’azienda, per chi ha completato il ciclo vaccinale la protezione rimane alta e resiste contro le infezioni gravi.
Secondo quanto suggerito da Pfizer, inoltre, un terzo richiamo potrebbe essere utile ai fini di un miglioramento dell’immunità, perché aumenterebbe di dieci volte la protezione contro la variante delta.
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