Una quarantina di casi diluiti in tre-quattro mesi. Abbastanza per far scattare non solo un allarme sanitario, certificato da alcuni sopralluoghi condotti dalla Asl nelle scorse settimane, ma un’inchiesta giudiziaria per «somministrazione di alimenti adulterati».
Succede a Genova, dove i carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazioni) hanno depositato una dettagliata relazione al sostituto procuratore Stefano Puppo, nella quale fanno il punto su una catena di sospetti casi di trichinellosi – infezione parassitaria – registrati a partire dai primi del 2015. Le avvisaglie si registrano a Capodanno, quando quattro persone – tre uomini e una donna – accusano malesseri dopo un cenone in un agriturismo dell’alta Valbisagno. I sintomi sono la nausea, il mal di pancia, la dissenteria. Decidono tutti di rivolgersi al proprio medico e dopo qualche giorno sono ricoverati in reparti diversi. L’apprensione si consolida con i risultati delle prime analisi: i quattro hanno uno sbalzo notevole dei globuli bianchi e vengono trasferiti a malattie infettive. Lì i medici tentano di dare un nome al batterio, e nel frattempo scatta un tam tam tra i familiari delle persone ricoverate e altri partecipanti alla cena. Altri quattro si rivolgono al San Martino e scoprono di fatto d’essere stati contagiati.
Viene così informato l’ufficio igiene della Asl 3 diretto da Lorenzo Marensi, e alcuni campioni inviati a Pavia per essere esaminati da un centro specializzato. Il responso dello screening, che si consolida di settimana in settimana, e dopo che anche i militari del Nas (guidati dal capitano Gianmario Carta) sono stati incaricati dei rilievi, è quello d’una diffusa trichinellosi, che si contrae ingerendo particolari tipi di carne cruda.
I controlli di medici e inquirenti fanno pensare che potrebbe essere stata decisiva la consumazione di salame di cinghiale, sebbene gli accertamenti su alcune carni esaminate abbiano dato esito negativo. Il denominatore comune fra le persone colpite resta insomma quello di aver mangiato nello stesso posto. Va a questo punto precisato un dettaglio: se contrastata ai primi sintomi, la trichinellosi non produce conseguenze particolarmente serie, aldilà d’un diffuso e prolungato malessere. Più gravi sono invece le ripercussioni laddove le manifestazioni iniziali vengano sottovalutate, con possibile interessamento del cuore e alcuni decessi censiti in passato. La diffusione nell’ordine delle decine di casi è inoltre molto rara nel nord Italia.
Il Secolo XIX – 12 maggio 2015