Duecento pagine fitte di numeri, codici, normative. Ma alla fine è una la frase che nella relazione annuale al Parlamento del garante della Privacy, Antonello Soro, salta agli occhi, e soprattutto, al cuore: «La pedopornografia in Rete, e particolarmente nel dark web, sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 sono due milioni le indagini censite, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Fonte involontaria sarebbero i social network in cui i genitori postano le immagini dei figli».
Lo fanno tutti. Lo facciamo tutti: pubblichiamo sui nostri social le foto del parto o della prima comunione, il bimbo che fa il bagnetto o che corre sulla spiaggia. Lo facciamo convinti che quelle immagini rimangano patrimonio soltanto dei nostri contatti. Ma non è così. Dobbiamo fare i conti con i professionisti del web, troppo spesso perversi, molto pericolosi.
Il garante della Privacy ce lo dice chiaramente: attenti a postare le foto dei vostri figli sui social network. I pedofili sono in agguato. Le rubano dai vostri profili e le veicolano nel dark web.
Purtroppo non è soltanto il garante Soro a lanciare l’allarme, ma lo documentano anche i sequestri della polizia postale: le foto dei vostri bimbi postate sui social alimentano la pedopornografia.
Dobbiamo attrezzarci, contro un nemico strisciante, subdolo. Ieri alla Camera il garante Antonello Soro è andato giù pesante contro l’uso generale di Internet che ha definito senza mezzi termini «un insieme di schiavitù volontarie che ci porteranno ad un futuro distopico e dispotico».
Poi ha ricordato: «Dobbiamo tenere presente che un esiguo numero di aziende possiede un patrimonio di conoscenza gigantesco e dispone di tutti i mezzi per indirizzare la propria influenza verso ciascuno di noi con la conseguenza che un numero sempre più grande di persone, tendenzialmente l’umanità intera, potrà subire condizionamenti decisivi».
Una considerazione che non ha lasciato indifferente Laura Boldrini, presidente della Camera: «I giganti del web come Google, Apple, Facebook e Microsoft sono ormai più potenti dei governi: a questo strapotere non ci si può rassegnare, nessuno Stato democratico può rassegnarsi».
Duecento pagine di numeri, codici, normative: la relazione del garante della Privacy ci ricorda che nel 2016 sono ammontate a 3 milioni e 300 mila euro le sanzioni amministrative riscosse dal garante della Privacy che — sempre nel 2016 — ha adottato 561 provvedimenti e ha risposto a 4 mila 600 quesiti, in testa i reclami e le segnalazioni sul marketing telefonico (in costante aumento) seguite dal credito al consumo. Sono state effettuate anche 282 ispezioni.
Quest’anno la legge sulla privacy compie vent’anni: era infatti l’8 maggio del 1997 quando entrò in vigore, e lo fece un po’ in punta di piedi disorientando i cittadini. Adesso è diventata parte integrante delle nostre vite e contribuisce anche alla lotta al terrorismo, al cybercrime (gli attacchi informatici avrebbero causato alle imprese italiane danni per nove miliardi di euro), alla lotta alla pedopornografia.
Alessandra Arachi – Il Corriere della Sera – 7 giugno 2017