Se le «dichiarazioni di guerra» dei suoi avvocati non fossero bastate, ecco un altro indizio: Giancarlo Galan si vuole giocare l’assoluzione in un processo pubblico, davanti a un collegio di giudici.
E per non farsi trovare impreparato da quella richiesta di giudizio immediato (udienza diretta di fronte al tribunale, saltando l’udienza preliminare) che è nell’aria e potrebbe concretizzarsi nelle prossime settimane, sta già pensando a chi chiamare in suo «aiuto». Ieri mattina, infatti, il suo difensore, l’avvocato Antonio Franchini, è andato a trovarlo nel carcere di Opera a Milano, dove è detenuto dal 22 luglio scorso nella struttura sanitaria, in attesa di superare quei problemi di salute successivi all’incidente domestico in cui si è fratturato il malleolo. «Abbiamo iniziato a lavorare sulla lista testi del processo che verrà», ha spiegato l’avvocato Franchini.
Di nuovo in libertà dopo tre mesi
Per ora, però, dalla procura non ci sono novità. Complice la complessità dell’inchiesta Mose-Consorzio Venezia Nuova e anche l’estate, sebbene i tre pm che la coordinano (Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini) abbiano lavorato a pieno ritmo riducendo al massimo le ferie, l’ipotesi di un giudizio immediato entro il 4 settembre è divenuta difficilissima. La data non è casuale, perché dopodomani decorrono i tre mesi esatti dalla grande retata della Guardia di Finanza del 4 giugno, ovvero il termine di custodia cautelare preventiva previsto dal codice per alcuni reati. Proprio il giudizio immediato avrebbe fatto partire una nuova fase di custodia preventiva, ma non c’è stato il tempo e dunque torneranno in libertà diversi protagonisti dell’inchiesta, in primis l’ex generale delle fiamme gialle Emilio Spaziante (l’unico tra questi ancora in carcere, gli altri sono tutti agli arresti domiciliari), l’ex amministratore delegato di Palladio Finanziaria Roberto Meneguzzo e l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Per i primi due, infatti, gli episodi di corruzione contestati (in particolare i soldi versati dal presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati a Spaziante per avere informazioni sull’inchiesta in corso) risalgono al 2010, quindi sono precedenti alla riforma dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino, che nell’ottobre del 2012 ha aumentato le pene per il reato di corruzione e di conseguenza anche la custodia cautelare preventiva da 3 a 6 mesi. Lo stesso ragionamento vale per Marco Milanese, l’ex consigliere di Giulio Tremonti, che però è stato arrestato il 4 luglio: per lui dunque se ne riparla il 4 ottobre, sempre che la procura di Milano, a cui è stato inviato quello spezzone d’inchiesta, non provveda prima con le proprie richieste di processo.
Sartori, Galan e gli arresti rinviati
Tre mesi valgono anche per Piva, pure lei accusata di corruzione e che dunque tornerà libera giovedì, e poi per tutti coloro che erano ancora agli arresti domiciliari con l’accusa di millantato credito negli spezzoni d’inchiesta che riguardano la rivista «Il Punto» di Roma (Vincenzo Manganaro, Alessandro Cicero) e il finto contatto con il magistrato di Udine Raffaele Tito (Luigi Dal Borgo). Nella stessa situazione di Milanese ci sono poi Lia Sartori e lo stesso Galan: la prima deve rispondere di finanziamento illecito dei partiti, il secondo di corruzione, ma per episodi precedenti al 2012 (con lo «stipendio» del Consorzio si arriva al 2011). Dunque anche per loro varrebbero i tre mesi, ma le garanzie di cui hanno beneficiato come parlamentari hanno ritardato il loro arresto e dunque i tre mesi scattano da quella data: dal 2 luglio per Sartori (che nel frattempo il 19 settembre discuterà un nuovo ricorso al tribunale del riesame) e dal 22 luglio per Galan.
Chisso e chi resta in carcere
L’ex assessore regionale Renato Chisso, invece, è accusato di aver intascato una tangente il 7 febbraio 2013, che gli sarebbe stata portata da Federico Sutto e a cui avrebbero dato il loro via libera Alessandro Mazzi (Grandi Lavori Fincosit) e Stefano Tomarelli (Condotte). E’ per questo che per tutti e 4 è scattato il regime più severo della legge Severino e per la loro libertà dovranno attendere il 4 dicembre, così come Enzo Casarin, segretario di Chisso, anche se gli avvocati sono al lavoro per contestare questo approccio. Per esempio di Casarin pare che non ci siano nelle carte episodi successivi a un pranzo dell’estate 2012, mentre per Chisso il suo difensore Antonio Forza potrebbe sostenere che se passaggio di denaro c’è stato quel 7 febbraio (anche se lui lo nega), essendo alla vigilia delle elezioni può essere al massimo un finanziamento illecito ai partiti. In bilico anche la posizione di Paolo Venuti, a cui i pm contestano reati «fino al 2012», senza però meglio precisare il mese.
L’«esilio» di Mazzacurati continua
Sebbene il suo avvocato non lo confermi («sono questioni personali di cui non voglio parlare», spiega Giovanni Battista Muscari Tomaioli) domenica 31 agosto sarebbe scaduto il visto di Mazzacurati negli Stati Uniti. L’ex presidente del Consorzio – che ora vive a La Jolla, vicino a San Diego, con la moglie – avrebbe però ottenuto un nuovo permesso per motivi di salute, essendo impossibilitato a volare. «Una cosa è certa – chiosa il legale – per ora non è previsto un suo rientro in Italia».
Il Corriere del Veneto – 2 settembre 2014