Domani l’aula di Montecitorio voterà sulla richiesta d’arresto di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro, coinvolto nello scandalo delle tangenti per la costruzione del Mose. E Galan in queste ore è ricoverato in ospedale. L’ex ministro, ex governatore in ospedale, a Este, ci è finito la notte fra sabato e domenica.
Secondo i medici potrebbe esserci un rischio embolia. Per questo i suoi legali giocano una nuova carta e chiedono gli arresti domiciliari. «È malato, non può andare in carcere», dice Antonio Franchini, l’avvocato di Venezia che per Galan sta lavorando in team con il difensore storico di Berlusconi, Niccolò Ghedini.
Galan ora sta male. Tutto per colpa di quella frattura della tibia e del perone: è successo una decina di giorni fa. Galan stava sistemando le rose nel suo giardino ed è scivolato. La corsa in ospedale, le lastre, poi alla fine il gesso. Un gesso che gli ha provocato una tromboflebite acuta e l’ha costretto a una nuova corsa in ospedale, già mercoledì scorso. Sabato sera la ricaduta. Il punto è che Galan soffre di diabete cronico ed è questo che insieme alla tromboflebite crea scompensi circolatori e fa temere per un’embolia. L’umore nero di queste ore non aiuta certo il fisico del politico di Forza Italia. Già giovedì scorso, infatti, è arrivata per l’ex presidente della Regione Veneto la prima botta forte: la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha votato a favore del suo arresto. Un voto che non fa ben sperare per il futuro, visto che i sì sono stati sedici e i no solo tre (l’unico rappresentante di Forza Italia, quello di Ncd e quello socialista).
Giancarlo Galan aveva reagito con forza, quel giorno. E aveva lanciato un appello ai deputati: «Purtroppo l’esito del voto della giunta di oggi era stato ampiamente annunciato. Resto fiducioso che i colleghi d’aula abbiano letto la documentazione che ho prodotto e votino secondo coscienza personale. Io sono innocente».
Fin dal primo minuto di questa inchiesta della Procura di Venezia Galan ha protestato con veemenza la propria innocenza. Ma i suoi colleghi deputati della Giunta delle autorizzazioni sono stati molto chiari nell’esprimere il loro giudizio, non ascoltando le sue parole: hanno detto sì all’arresto valutando l’assenza del «fumus persecutionis». E ritenendo dunque valide le richieste dei magistrati.
Domani è atteso il verdetto dell’aula. Inutilmente in Giunta il socialista Marco Di Lello aveva cercato di rinviare il voto in aula agganciandosi al decreto sulla giustizia recentemente approvato dal ministro Orlando. Un decreto che prevede che per una detenzione sotto i tre anni di carcere siano i magistrati a valutare l’eventualità di mandare o meno il condannato dietro le sbarre. Galan rischia fino a cinque anni, adesso, ma tra sconti e benefici la sua pena potrebbe scendere sotto la soglia dei tre anni. Da qui la richiesta di rimandare le carte alla procura di Venezia, almeno per far passare l’estate. Ma nulla di fatto.
Domani si vota. E il gruppo di Forza Italia ha già annunciato che farà richiesta alla presidenza per ottenere il voto segreto. È stato lo stesso capogruppo Renato Brunetta a dirlo. La regola vuole che per ottenere il voto segreto alla Camera venga inoltrata una richiesta sottoscritta da almeno venti deputati. «Ma io sono il capogruppo e la mia richiesta vale per 69, ovvero il numero dei deputati di Forza Italia che siedono nei banchi di Montecitorio», ha detto Brunetta facendo sapere che questa sua richiesta verrà annunciata in aula al momento del voto.
Alessandra Arachi – Il Corriere della Sera – 14 luglio 2014