I giudici si sono pronunciati contro l’Italia: non era possibile impedire all’agricoltore di coltivare il Mon810 a Fanna e Vivaro di Pordenone
PORDENONE – L’imprenditore friulano Giorgio Fidenatoha ragione: non aveva bisogno di autorizzazioni per coltivare mais geneticamente modificato. Così si è pronunciata la Corte di giustizia europea, a cui il giudice del Tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, aveva trasmesso gli atti del processo che vede Fidenato imputato di semine abusive nei suoi terreni di Fanna e Vivaro (2010).
Lo scorso novembre il processo era stato sospeso al termine della discussione. Il pm aveva chiesto l’assoluzione di Fidenato, ma il giudice non uscì dalla camera di consiglio con una sentenza, bensì con un’ordinanza che disponeva ciò che l’avvocato Francesco Longo ha chiesto sin dall’inizio del processo: una pronuncia della Corte di giustizia europea in merito alle discordanze tra le sentenze della Corte di Cassazione e dei giudici europei.
Due giorni fa il verdetto. «Il diritto dell’Unione Europea – dice l’ordinanza della Corte – dev’essere interpretato nel senso che la messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà delmais Mon 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e dette varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, come modificata dal regolamento n. 1829/2003».
Per i giudici comunitari, inoltre, la normativa europea «non consente a uno Stato membro di opporsi alla messa in coltura sul suo territorio di detti organismi geneticamente modificati per il fatto che l’ottenimento di un’autorizzazione nazionale costituirebbe una misura di coesistenza volta a evitare la presenza involontaria di organismi geneticamente modificati in altre colture».
Sedici giudici italiani, a vario titolo, si sono occupati del caso sollevato dal battagliero Fidenato: per tutti la semina è abusiva perché priva di autorizzazione. L’imprenditore, affiancato all’avvocato Longo, non ha mai mollato. Ha sopportato la devastazione, ad opera dei Disubbidienti, dei campi seminati con il Mon 810. Da due anni la sua azienda agricola “In Trois” e il suo conto corrente sono sotto sequestro per impedirgli di acquistare sementi biotech. Nemmeno questo lo ha fermato.
Gazzettino – 25 maggio 2013