di Rosanna Magnano. Ancora fumata nera sul Ddl ex art. 22 del Patto per la Salute: sulla bozza di sintesi presentata dal ministero le Regioni oggi hanno preso tempo e per la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, quasi certa di portare a casa l’accordo, sarà stata una doccia fredda. La bozza di sintesi del Ministero
L’appuntamento al ministero della Salute avrebbe infatti dovuto mettere un primo punto fermo su una serie di capitoli che dopo una lunga serie di incontri si davano ormai per condivisi. Ma così non è stato. Il ministero ha portato sul tavolo una bozza che mette nero su bianco i punti che avevano raccolto nelle ultime settimane un buon livello di condivisione: rete formativa regionale costituita sia da strutture universitarie sia ospedaliere e territoriali del Ssn, doppio percorso di carriera della dirigenza, implementazione del sistema di valutazione, laurea abilitante, affiancamento della figura del tutor per gli specializzandi, obbligo per le Regioni di disciplinare gli standard di personale ospedaliero e territoriale.
Se da tutti i sindacati è arrivato un unanime disco verde, le Regioni, rappresentate da Antonio Saitta, alla guida della Commissione salute della conferenza delle Regioni e Massimo?Garavaglia, presidente del Comitato di settore sanità delle Regioni, hanno deciso di rifletterci su. «Porteremo il documento alla commissione Salute di mercoledì prossimo – spiega Saitta – e ci riserviamo di dare la nostra risposta giovedì prossimo».
Non è un no, assicura Saitta: «Gran parte del documento è condivisibile – continua – ma non sono stati affrontati due temi che per noi sono vitali. L’ingresso degli specializzandi nel Ssn e la formazione di medicina generale. Sul primo punto, alcuni parlano del rischio di un uso improprio degli specializzandi . Va certamente trovata una soluzione. Noi avevamo proposto un doppio percorso con assunzione a tempo determinato, ma l’ipotesi nel documento di oggi non c’è». Su questo nodo il confronto tra Regioni e sindacati resta in sospeso, ma per gli assessori il fronte è doppio. C’è infatti da combattere anche la battaglia di posizione con l’università, che si oppone al doppio canale formativo.
E poi c’è tutto il capitolo della formazione in medicina generale, che per Saitta deve essere una scuola come le altre e che va rimodulata in base ai cambiamenti introdotti con il Patto per la Salute: «L’organizzazione dei corsi così come è non è adeguata – spiega Saitta – a rispondere ai nuovi bisogni, dalle competenze cliniche alla governance, dalle patologie nuove alla multicronicità. Siamo molto indietro. Stiamo conducendo un’operazione straordinaria di potenziamento dell’assistenza territoriale e bisogna avere professionisti all’altezza del compito».
Questa volta le sigle sindacali dei medici sono state tutte per il sì. «L’auspicio è che si chiuda rapidamente – sottolinea Riccardo Cassi, presidente di Cimo – e che le Regioni approvino la bozza. È importante che si faccia questo passo avanti. Poi sull’inserimento degli specializzandi nel Ssn si può discutere. Ma certo non si potranno usare per fare le guardie e non assumere. Parliamone, ma prima si riattivi il turnover e si stabilizzino i precari».
Per la Fp Cgil Medici, la bozza del ministero è un documento da condividere: «Certo non sono state accolte alcune nostre richieste – spiega il segretario nazionale Massimo Cozza – sull’inquadramento al pari delle altre della scuola di specializzazione in medicina generale. Ma i punti qualificanti sono diversi. Per la prima volta si parla di fabbisogni omogenei. È importante che non si parli di assunzione dello specializzando e che la rete formativa Ssn valga per tutte le lauree sanitarie, oltre che per i medici. Abbiamo posto al tavolo la necessità di affrontare subito il tema dei precari e delle assunzioni e ovviamente quello della riapertura della stagione contrattuale con risorse aggiuntive. Sul salario accessorio, dato che oggi mancava la Funzione pubblica, non abbiamo avuto risposte».
Sulla linea della condivisione anche gli anestesisti rianimatori: «In generale siamo favorevoli a un graduale inserimento dello specializzando nel Ssn – spiega Alessandro Vergallo, presidente nazionale di Aaroi Emac – ma per i nostri specializzandi si devono introdurre paletti più rigidi, a garanzia della sicurezza del paziente. L’anestesista lavora da solo. E non si può tollerare che uno specializzando addormenti o risvegli un paziente in sala operatoria. Mentre in altri contesti, di minor impatto e in presenza di un’equipe, siamo aperti a studiare nuove soluzioni. Ad esempio in un’ottica di miglioramento dell’efficienza produttiva delle sale operatorie, nelle recovery room si può pensare di utilizzare lo specializzando per monitorare il risveglio, liberando prima l’anestesista, che potrebbe così dedicarsi a un nuovo intervento. Risparmiando tempo e contribuendo ad abbattere le liste d’attesa». E dal punto di vista dell’inquadramento contrattuale, Aaroi Emac ritiene che si debba trovare una soluzione condivisa con le Regioni ma ribadisce il no a contratti sub-dirigenziali. Il rischio dello specializzando tappabuchi c’è. «L’Università è contraria alla sostituzione dello specialista con lo specializzando – sottolinea Vergallo – ma a Verona e a Padova già si fa. E nelle aziende miste c’è un uso illegittimo degli specializzandi». Infine l’art. 22 per Aaroi Emac va considerato «un prologo del nuovo Ccnl». «Ma la premessa – conclude il presidente di Aaroi Emac – è che ci sia un impegno preciso di Governo e Regioni che il contratto poi si rispetta. Ora c’è una deregulation generale. Gli anestesisti vengono assunti con finti contratti libero-professionali e le aziende esternalizzano i servizi a cooperative. L’ultima è proprio in questi giorni la Asl 4 di Torino. Insomma discutiamo di specializzandi nel Ssn, ma stop al far west dei contratti e stabilizzazione subito per i precari».
Il Sole 24 Ore sanità – 16 giugno 2016