In Italia i casi accertati di epatite A collegati ai frutti di bosco surgelati erano 400 circa alla fine di settembre 2013. La task force sull’epidemia di epatite A causata da frutti di bosco surgelati contaminati dal virus, costituita dal Ministero della salute insieme all’Istituto Superiore di Sanità e all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia, ha diffuso un documento sulla situazione.
Nel testoche riportiamo integralmente si ribadiscono tre concetti importanti: non si è ancora riusciti ad identificare il focolaio, l’epidemia si è estesa anche alla Francia, è necessario bollire tutti i frutti di bosco surgelati per due minuti prima del consumo. Per la cronaca va detto che in Italia i casi accertati di epatite A collegati ai frutti di bosco erano 400 circa alla fine di settembre.
1. Come si è arrivati ad identificare nei frutti di bosco surgelati la causa principale dell’incremento dei casi di epatite A segnalati dall’inizio del 2013?
Circa il 70% dei campioni biologici prelevati da casi clinici presenta la sequenza virale definita “outbreak” o una sequenza altamente correlata di genotipo IA, e la stessa sequenza è stata individuata in un campione di frutti di bosco, associato ad un focolaio. Inoltre, uno studio caso controllo retrospettivo coordinato dall’ISS, condotto in tre Regioni e due Province autonome, ha permesso di evidenziare che i frutti di bosco rappresentano il fattore di rischio più associato alla malattia durante l’epidemia.
Dai dati preliminari, si osserva per i mesi di luglio e agosto una riduzione progressiva e significativa del numero dei casi di epatite A, che però sembra sia cresciuta in settembre
2. Una volta individuati gli alimenti contaminati, cosa è stato fatto dalle autorità sanitarie per arginare ulteriori rischi di infezione?
Le linee di intervento sono state diverse: l’analisi di laboratorio sui campioni di alimenti per l’identificazione della presenza del virus, la sua genotipizzazione e sequenziamento; il ritiro dal mercato dei lotti di prodotti risultati positivi; le ricerche per individuare altre marche e lotti potenzialmente associati a casi di epatite A e le relative indagini di tracciabilità, in collaborazione con i Paesi di provenienza; l’elaborazione e la disseminazione di protocolli di campionamento e analisi; la divulgazione di raccomandazioni rivolte agli operatori del settore alimen-tare e ai consumatori per minimizzare il rischio di infezione. Dai dati preliminari, si osserva per i mesi di luglio e agosto una riduzione progressiva e significativa del numero dei casi.
3. Come impiegare, per essere sicuri di non mettere a rischio la propria salute, i frutti di bosco surgelati, ormai comperati, o comunque in vendita anche se non appartenenti ai lotti analizzati?
Raccomandiamo come misura precauzionale di consumare i frutti di bosco surgelati solo ed esclusivamente previa cottura. Il virus dell’epatite A, infatti, sopravvive a basse temperature, ma viene rapidamente inattivato dal calore. Per esempio, facendo bollire i frutti di bosco per almeno due minuti viene garantita la salubrità dell’alimento.
4. Sono sicuri tutti gli altri prodotti a base di frutti di bosco (yogurt, gelati, torte…) sia surgelati che freschi?
Gli operatori del settore alimentare, ivi compresi quelli che producono yogurt, gelati, ecc. nell’ambito delle procedure aziendali di gestione del rischio, basate sul sistema HACCP, devono considerare ed implementare efficaci misure di controllo/riduzione del rischio di epatite A. Alla luce delle conoscenze attuali, per chi impiega a livello di produzioni artigianali o di ristorazione frutti di bosco surgelati, ad esempio per frullati, preparazioni di frutta, guarnizioni di dolci, di yogurt o di gelati si raccomanda l’impiego solo previa cottura. I frutti freschi non sono risultati implicati in casi di epatite A. È bene comunque consumare i frutti di bosco freschi, così come ogni altro frutto o verdura cruda, solo dopo un accurato lavaggio.
5. Come è avvenuta nel nostro paese la contaminazione degli alimenti?
Il fatto che altri paesi europei, come l’Irlanda e la Francia, abbiano segnalato casi di epatite A, correlati al consumo di frutti di bosco, nei quali è stata isolata la stessa sequenza virale evidenziata nei casi italiani, fa ragionevolmente ritenere che la contaminazione sia avvenuta molto a monte del processo produttivo, ovvero nelle fasi di coltivazione e raccolta dei frutti di bosco di provenienza estera. Il personale addetto alla raccolta, anche se asintomatico, e le acque di irrigazione, restano le fonti più probabili di contaminazione dell’alimento.
Documento redatto dalla Task force sull’epidemia di epatite A, formata da Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia
Il Fatto alimentare – 18 ottobre 2013