Dall’egemonia all’eclissi totale: la rappresentanza di Forza Italia in Regione si è dissolta. Decimato alle urne, cannibalizzato dalla Lega, abbandonato dai tre eletti, il partito di Silvio Berlusconi scompare dai centri nevralgici della politica veneta. A scandire l’epilogo più drastico della lunga stagione galaniana è Elena Donazzan, l’assessore all’istruzione e al lavoro: «Non ho rinnovato la tessera, il movimento al quale avevo aderito non c’è più», le sue parole. Una strada condivisa da Massimo Giorgetti, il vicepresidente dell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini, già intrapresa da Massimiliano Barison che a gennaio abbandonò la guida del gruppo per approdare a Fratelli d’Italia.
A dar fuoco alle polveri – o, più semplicemente, a disvelare un re ormai nudo – aveva provveduto da par suo Renato Brunetta, implacabile nemico del governo gialloverde, lesto a sollecitare Donazzan a farsi da parte («È un’ex iscritta che parla a titolo personale, si dimetta»), evocando così un rimpasto nella Giunta Zaia. Pesante la replica dei veneti, entrambi di estrazione An e mai davvero in sintonia con i nativi azzurri: «In queste ore ciò che ha più disorientato il nostro elettorato è stata la posizione assurda di Forza Italia in merito al Decreto sicurezza, forse il più atteso degli ultimi anni», è la nota congiunta, che allude all’uscita dall’aula dei berlusconiani dopo l’iniziale dichiarazione di voto favorevole «ora comprendiamo che qualcuno, accecato dall’ira per essere escluso dal Governo, ha come unico obiettivo quello di boicottare e far cadere l’esecutivo, incurante degli interessi dei cittadini».
Il “qualcuno” ha un’identità precisa, quella del pugnace deputato veneziano, fedelissimo del Cavaliere: «Il nostro mandato non è rappresentare Brunetta ma fa fare il bene dei veneti. Forse lui non può capirlo: paracadutato in un collegio blindato, non ha raccolto il consenso attraverso la sua persona, è entrato in Parlamento grazie principalmente ai voti della Lega e al lavoro fatto in Regione da questa maggioranza guidata da Luca Zaia».
Ecco il punto cruciale: se Brunetta “punge” il governatore, spronandolo a smarcarsi da Salvini e dall’abbraccio romano a 5 Stelle, Donazzan e Giorgetti muovono in direzione opposta, al punto da costituire l’intergruppo “Alleanza per il Veneto”, nei fatti una quinta colonna del monocolore leghista che regge Palazzo Balbi: «Lanciare ultimatum a Zaia, significa essere fuori dal mondo, noi lavoriamo, fianco a fianco, con i colleghi di maggioranza portando il nostro contributo, anche critico, al presidente Zaia che ha sempre dimostrato capacità di ascolto, lavorando sempre e prima di tutto per il bene del Veneto, senza timidezze nel confronto di nessun governo».
E l’ipotesi di dimissioni nel rispetto della volontà degli elettori forzisti? «A dimettersi dovrebbe essere Brunetta e magari ricandidarsi da solo, senza i voti della Lega. Sono certa che smetterebbe di fare proclami al mondo», sbotta Donazzan. Tempi duri per il volonteroso Davide Bendinelli, il neo coordinatore veneto; contava di riaccendere il partito sfidando lo strapotere leghista nell’arena della politica regionale, si ritrova una rappresentanza malinconicaamente azzerata. — A NUOVA VENEZIA