«L’ambizione» del governo è «fare politiche per il Paese e per il futuro del Paese», guardando innanzitutto ai giovani. E il modello è la «capacità di avere, nel sistema economico, una flessibilità che sia buona».
Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, torna a parlare della riforma del mercato del lavoro, alla vigilia di una settimana che vedrà un nuovo giro di tavoli, anche tra governo e parti sociali. Parla del leader della Cgil, Susanna Camusso: «Non la considero affatto una mia avversaria». Peccato che Camusso nel frattempo ribatta per le rime al premier: «Troppe tutele? Questo sì è un ritornello monotono».
Intanto il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, chiarisce: «Non c’è alcuna demonizzazione» del posto fisso. Ma «non è probabilmente giusto» neanche un legame «a tutti i costi» tra lavoratore e impresa. Un discorso in linea con quanto sostenuto dal premier Mario Monti, per cui occorre una protezione meno concentrata sul singolo posto di lavoro e più sul singolo lavoratore. In cui rientra il capitolo tutele e ammortizzatori sociali. La parola d’ordine, insiste Fornero, è flessibilità. Anche in uscita. «Si parla troppo di articolo 18», premette Fornero. All’incontro con le parti sociali, ricorda, «mi sono presentata non con un documento che – dice – ha un aspetto impegnativo ma con degli appunti, di molte pagine. Ne abbiamo lungamente parlato e quello che può toccare l’articolo 18 è il tema della flessibilità in uscita. Non è probabilmente giusto legare un lavoratore all’impresa in tutte le circostanze. Però la flessibilità in uscita può voler dire che ci sono circostanze nelle quali non è forse la soluzione ottimale neppure per il lavoratore cercare di tenerlo sempre stretto all’impresa, a tutti i costi. L’importante è che chi perde un posto di lavoro sia aiutato anche dalla stessa impresa che magari l’ha licenziato a trovare subito, rapidamente un altro posto. Questa è eventualmente la flessibilità buona». Ovviamente, sottolinea, «nessuno, mai, potrà licenziare per motivi di discriminazione: questo è inaccettabile in qualunque Paese civile». Il posto fisso «rimane un’importante aspirazione per molti», sottolinea Fornero. «Se non la possiamo realizzare appieno per tutti, l’importante è che chi sperimenta, chi accetta la flessibilità non ne paghi i costi». E infatti, sostiene il ministro, «se un datore di lavoro trova che la flessibilità è un elemento positivo per ragioni organizzative, per modalità produttive la deve pagare di piu». Il ministro ribadisce che il dialogo è aperto e sgombera il campo da equivoci: Susanna Camusso «non la considero affatto una mia avversaria. La considero una persona con un ruolo importantissimo, rappresenta molti lavoratori italiani». Il ministro parla anche della Fiat e del suo amministratore delegato come di una Thatcher al maschile: «Vorrei fare di tutto perché la Fiat resti italiana e resti come realtà produttiva e non tenuta in piedi». Marchionne? «Thatcher potrebbe essere usato per lui più che per me. Soprattutto penso che usa metodi thatcheriani».
Ma Susanna Camusso fa il verso al premier: «Immagino che il professor Monti sia in grado di farci un elenco di quali sarebbero le troppe tutele perché, nonostante gli sforzi, non le vediamo. Siamo di nuovo di fronte ad uno stesso ritornello, questo sì monotono». Di più: «Questa polemica sul posto fisso, sulla sua presunta monotonia, è stucchevole e insopportabile – rincara il leader della Cgil – Soprattutto in una stagione così difficile bisognerebbe essere rispettosi di chi cerca un lavoro disperatamente e non ha certo tempo di annoiarsi». E ancora: «Quando si dice che l’articolo 18 scoraggia gli investimenti, si fa un’affermazione grave. Soprattutto per un presidente del Consiglio che dovrebbe avere come prima funzione quella di presentare positivamente il Paese e promuovere investimenti. Legga Monti le infinite inchieste su ciò che viene giudicato d’ostacolo per investire in Italia: dalla criminalità agli incentivi, dall’incertezza fiscale a quella dei pagamenti».