La Commissione salute delle Regioni “è fortemente preoccupata per il futuro del Servizio Sanitario Nazionale perché aumenteranno le carenze di personale sanitario non solo con riguardo a specifiche figure professionali”.
Si conclude così un documento che gli assessori alla sanità hanno sottoposto ai presidenti che hanno deciso di approvarlo e trasmetterlo sia ai ministri interessati (Salute e Miur) sia al sottosegretario Bressa per un confronto sul tema in Conferenza Stato-Regioni. La Conferenza delle Regioni ha infatti approvato il documento che è stato consegnato in sede di Stato-Regioni con la richiesta di un confronto in tale sede con i ministri competenti: ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.
Il documento della Commissione Salute sottolinea tre punti in particolare:
– ritiene che il tema della formazione sia fondamentale e prioritario per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. In sintesi, senza un tempestivo intervento in materia è certa la carenza di risorse umane qualificate necessarie alla garanzia della continuità dei servizi. Già attualmente è complesso riuscire a reperire alcune figure professionali;
– ritiene essenziale il coinvolgimento e il riconoscimento del ruolo delle Regioni e Province autonome nelle definizione delle politiche formative di area sanitaria, affinché sia prioritariamente rispettata la coerenza tra il numero dei professionisti formati e le esigenze dei servizi sanitari che, come è noto, sono gestiti ed organizzati dalle Regioni e Province Autonome nell’ambito delle relative scelte programmatorie.
Le Regioni richiamano l’articolo 22 del Patto per la Salute sul quale hanno chiesto già di definire nuovi criteri di programmazione, gestione e valutazione delle attività formative coerenti alle nuove sfide del SSN e ai nuovi modelli e fabbisogni organizzativi.
Ad esempio con la rivalutazione della potenzialità formativa, in termini numerici, dei corsi di laurea, delle scuole di specializzazione, della formazione post laurea.
Ma anche con l’introduzione di corsi di specializzazione universitaria anche per la medicina generale al posto degli attuali corsi di formazione organizzati a livello regionale, nonché per la pediatria l’acquisizione di maggiori specifiche competenze riguardanti l’assistenza territoriale all’interno dell’attuale formazione specialistica).
E la Commissione Salute rilancia, ritenendolo di “prioritaria importanza l’impegno del governo per prevedere l’ accesso dei medici al Ssn a seguito di conseguimento della laurea a ciclo unico e dell’abilitazione, quindi anche senza specializzazione”.
In questo senso il documento fa riferimento alla proposta di disegno di legge delega della Commissione Salute del maggio 2016 che definiva alcuni precisi indirizzi: il titolo di formazione di base e l’abilitazione all’esercizio della relativa professione quali requisiti di accesso; l’inquadramento a tempo indeterminato in categoria non dirigenziale nell’ambito del contratto di area IV, con percorsi di carriera e livelli retributivi determinati dal contratto; l’inserimento nell’azienda per lo svolgimento di attività medico-chirurgiche di supporto con autonomia vincolata alle direttive ricevute, in coerenza con il grado di conoscenze, competenze ed abilità acquisite, secondo quanto previsto delle disposizioni della contrattazione collettiva.
Le relative assunzioni sarebbero dovute avvenire ad invarianza del costo complessivo della dotazione organica aziendale; l’accesso di tali professionisti, per esigenze del Ssr, in soprannumero, ad una scuola di specializzazione; la possibilità per i predetti professionisti di accedere, una volta acquisita la specializzazione, ai concorsi per il personale dirigenziale di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Quotidiano sanità – 21 settembre 2017
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