Un privato che vorrà sostenere un partito politico non potrà donare più di 300mila euro l’anno (che diventano 200mila per soggetti diversi da persone fisiche) e godrà di detrazioni al 37% tra i 30 euro e i 20mila euro e al 26% tra i 20mila e i 70mila euro. Le spese per l’iscrizione a scuole o corsi di formazione politica saranno detraibili al 75% fino a un massimo di 750 euro l’anno.
I partiti potranno raccogliere fondi anche con gli sms o con altre applicazioni da telefoni. Sono le principali novità introdotte nel Ddl governativo che abolisce il finanziamento pubblico alla politica, votato ieri dalla Camera (288 i sì di Pdl, Pd e Scelta civica, passa ora al Senato) dopo uno stallo durato mesi per le divergenze, tra l’altro, proprio sui limiti ai contributi privati tra Pdl e Pd. Avotare contro Sel («sbagliato pensare a un sistema di finanziamento interamente privato, peraltro basato su un meccanismo, quello del 2×1.000, legato al censo dei contribuenti e non al consenso delle forze politiche») e M5S che denuncia l’assenza di «sanzioni per le irregolarità dei bilanci». Con il via libera di Montecitorio crescono i fondi per la cassa integrazione dei dipendenti dei partiti politici: ai 15 milioni già previsti per il 2014, ne sono stati aggiunti 8,5 per il 2015 e 11,25 per il 2016. Prevista anche una penalizzazione sui contributi per i partiti che non promuovono le quote rosa nelle loro liste.
Il Sole 24 Ore – 17 ottobre 2013