Oggi pomeriggio in commissione Affari costituzionali della Camera doveva cominciare l’esame degli oltre 150 emendamenti al Ddl governativo che entro il 2017 azzera il finanziamento pubblico ai partiti sostituendolo con un sistema a contribuzione indiretta.
Ma dopo la bagarre di ieri dei grillini che hanno chiesto l’immediato stop dei fondi ai partiti a cominciare dalla rata di luglio 2013 (91 milioni) e il rischio di ingolfamento dei lavori per l’eccessivo traffico di provvedimenti in commissione – ancora impegnata nella conversione in legge del decreto del fare -, è arrivata la decisione di slittare a martedì l’avvio dell’esame degli emendamenti. Un fatto, questo, che rende ancora più difficile l’approdo in aula alla Camera previsto per il 26 luglio.
Il sì alla Camera rischia di slittare a dopo l’estate
Sono molti nella stessa maggioranza a dubitare che il primo via libera possa arrivare entro agosto, anche considerando il braccio di ferro che si aprirà la prossima settimana in commissione sui 172 emendamenti presentati. Uno dei due relatori, Emanuele Fiano del Pd (l’altro è Maria Stella Gelmini del Pdl) è convinto però che i tempi saranno rispettati: «Nessun rinvio – avverte il relatore – il Partito democratico chiederà alle altre forze politiche di rispettare il calendario previsto per l’approvazione in commissione della legge sull’abolizione dei rimborsi elettorali. Per noi rimane tassativa la data del 26 luglio per l’esame in aula del provvedimento, è una promessa che abbiamo fatto e che vogliamo mantenere».
Mediazione difficile dentro la maggioranza
Trovare una mediazione tra le posizioni assai lontane della stessa maggioranza è assai difficile. Da un lato ci sono infatti gli emendamenti del Pd per garantire cigs e solidarietà ai dipendenti (copertura di 18 milioni nel 2014-2015), alzare dal 2 al 2,5 per mille la quota che i contribuenti possono destinare ai partiti e mettere un tetto alle donazioni dei privati. Dall’altro quelli Pdl per smontare le regole sugli statuti dei partiti, depenalizzare i finanziamenti che vengano da società partecipate dallo Stato, aumentare le detrazioni sulle donazioni e abolire il 2 per mille, nonché la concessione di sedi e spazi tv gratuiti. In mezzo, le proposte di modifica individuali, su cui si spacca lo stesso Pd, con da un lato chi, come Bressa (ma lo propone anche Sc), chiede una quota di cofinanziamento pubblico-privato, dall’altro i renziani che non sono disposti a transigere e al contrario propongono di abolire ogni forma di sostegno indiretto da parte dello Stato. Sul punto però il premier è deciso: se il testo verrà stravolto il governo è disposto a fare un decreto.
Il Sole 24 Ore – 19 luglio 2013