Cristina Giacomuzzo, dal Giornale di Vicenza. Quanto grave è l’inquinamento da Pfas nelle acque di falda del Veneto? Quali sono le conseguenze sul cibo? E sulla salute? Per rispondere a queste domande, solo in apparenza semplici, ieri la Giunta Zaia ha preso due decisioni. La prima. Nuovi monitoraggi sugli alimenti , come anticipato nei giorni scorsi dal Giornale di Vicenza.
La seconda. Il potenziamento della Commissione tecnica regionale che diventa una vera e propria “Task force” di esperti ai quali è concessa la facoltà di avvalersi di professionisti: dall’Oms al ministero della Salute. E la risposta alla relazione dell’Iss, istituto superiore della sanità, dopo il primo monitoraggio sugli alimenti realizzato nei 79 Comuni toccati dall’inquinamento. Relazione secondo cui servono ulteriori approfondimenti.
ANALISI E PRELIEVI. La Regione quindi, avvalendosi della convenzione attivata con l’Iss, ora chiederà un nuovo piano di analisi che sarà eseguito a spese del Veneto. Quantificare la cifra ora non è possibile. Per i risultati , poi, si dovranno attendere due o tre mesi. Per il bio-monitoraggio, cioè i prelievi di sangue sulla popolazione, sono stati spesi 400 mila euro. La raccolta dei campioni si è conclusa. Le analisi sono state compiute su 600 persone divise in 3 gruppi: uno formato da chi vive nelle aree inquinate; uno con chi abita nelle zone limitrofe e un terzo di controllo, lontano dalla contaminazione. Secondo gli esperti si dovrà attendere un altro mese per i risultati. Le difficoltà tecniche non sono poche. Non esistono dei parametri di legge a cui far riferimento. Lo stesso allarme per le conseguenze sulla salute per le sostanze inquinanti che si emettevano qui in Veneto fin dagli anni Settanta è partito tardi, nel 2013. Ricercare i Pfas nelle acque, negli alimenti e nel sangue non è così immediato: persino i macchinari di analisi vanno tarati ad hoc. Di qui la decisione della Regione di affidarsi all’Iss. Ma anche di costituire una task force di esperti dando loro la possibilità di chiedere collaborazioni.
OBIETTIVO. «Occorre la massima scientificità e per questo la Regione si è affidata alla maggior autorità nazionale che è l’Iss – si legge in una nota della giunta regionale stante che in tutta Europa non esiste una soglia di tossicità definita e che bisogna prima di tutto conoscere se e quante di queste sostanze inquinanti si possono essere insinuate negli animali, nelle coltivazioni e, di conseguenza, nell’uomo. E ancora. Se tali quantità siano pericolose o no. L’unica soglia esistente è fissata in Germania, rispetto a quella la situazione del Veneto è stata al di sotto fin dall’inizio della vicenda. Lungi dal voler minimizzare – si legge – la Regione vuole vederci chiaro e, sulla base dei riscontri scientifici dell’Iss, se ne emergerà la necessità, interverrà con tempestività e stanziando tutti i soldi necessari, fino all’ultimo euro».
Brusco (M5s). «Troppe contraddizioni. Servono tecnici esterni». Zanoni(Pd): «Strana l’esclusione di importanti professionalità»
«Troppe contraddizioni Servono tecnici esterni» «La Regione ha partorito un topolino». Andrea Zanoni, Pd, commenta così la nota della giunta. «Con toni trionfalistici comunicano di aver attivato, dopo mesi di letargo, una task force in sostituzione della Commissione tecnica regionale escludendo importanti organismi apicali che già da mesi seguivano la questione, cioè le sezioni Prevenzione e sanità pubblica e Veterinaria e sicurezza alimentare. Trovo queste esclusioni molto strane e prive di logica. Dal comunicato non viene fatta una parola sui monitoraggi ematici o sulle azioni legali nei confronti dei responsabili di questo disastro ambientale che pervastità di territorio colpito non conosce pari in Veneto. Chiedere i danni ambientali e materiali ai responsabili sia in sede civile che penale è obbligo nel rispetto del principio europeo che “chi inquina paga”».
Criticano anche i grillini. Manuel Brusco denuncia: «Troppe contraddizioni. Il caso sia tolto alla Regione e dato a tecnici esterni». Poi dichiara: «Le uova di Cologna Véneta sono contaminate: ci sono 21,2 microgrammi di Pfas. Quindi, i prodotti d’eccellenza come i! mandorlato potrebbero esserne contaminati? L’Istituto di sanità, al quale si sono rivolti i nostri parlamentari, continua a paventare dubbi».
Il Giornale di Vicenza – 9 marzo 2016