La Stampa. Nel 2019 il «tax gap», ovvero il divario tra le imposte effettivamente versate e quelle che invece i contribuenti avrebbero dovuto versare, che di fatto misura la propensione all’evasione degli italiani, per la prima volta è sceso sotto i 100 miliardi di euro attestandosi a quota 99,24 (86,5 di mancate entrate tributari e 12,7 di mancati contributi) contro una media di 103,259 del periodo 2017-2019. In base alla «Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva» allegata alla Nota di aggiornamento appena approvata dal governo tra il 2015 ed il 2019 il tax gap si è ridotto in valore assoluto di 6,9 miliardi di euro ed anche la propensione all’evasione si è ridotta di 2,7 punti.
Ma in base i primi dati sul 2020 ci sono segnali in controtendenza: aumenta infatti la propensione all’evasione di autonomi e imprese. I primi, infatti, balzano dal 68 al 68,7%, mentre la tendenza ad evadere l’Ires da parte delle imprese sale da 22,9 al 23,7%, quindi il canone Rai passa dal 10,3% all’11,2% e le accise sui prodotti energetici dal 9,4 passano al 10,9%. A scendere in maniera significativa, per effetto della fatturazione elettronica, è invece la propensione all’evasione dell’Iva, che cala dal 23,4 al 19,3%, che in valore assoluto vale oltre 8 miliardi rispetto alla media del 2017-2019.
Per quanto riguarda il regime dei minimi agevolati l’analisi preliminare svolta dal Dipartimento delle finanze sul regime forfetario introdotto nel 2019 (e che ora il nuovo governo vorrebbe ampliare alzando la soglia) «evidenzia un effetto di autoselezione dei contribuenti con ricavi e compensi al di sotto della soglia massima di 65 mila euro al fine di usufruire dell’imposta sostitutiva prevista dal regime forfettario». In pratica si sottofattura per continuare a beneficiare dell’aliquota ridotta del 15%. Anche l’analisi riferita al triennio 2012-2014, stando all’Agenzie delle entrate, «non ha contribuito a ridurre il tax gap espresso in percentuale dell’imposta potenziale – sempre a causa del fenomeno dei “falsi minimi”, ovvero di contribuenti che hanno potuto beneficiare dell’agevolazione solo grazie alla sotto-dichiarazione del fatturato».
Un’altra «flat tax», quella applicata ai redditi derivanti dalle locazioni di abitazioni, la famosa cedolare secca, presenta risultati contraddittori. Perché se da un lato si riscontra un effetto di emersione – ovvero un aumento della probabilità di contrarre e dichiarare un contratto di locazione ed un aumento della base imponibile – dall’altro lato, come rileva la relazione del Mef, «tale effetto non è stato sufficiente ad assicurare la copertura delle minori entrate derivanti dalla riduzione dell’imposizione e ha avuto effetti regressivi in termini di distribuzione del reddito».
Decisamente positivo, invece, l’impatto dell’introduzione degli «Isa», gli Indici sintetici di affidabilità fiscale che hanno sostituito i vecchi studi di settore ed esteso il regime di premi per i contribuenti che rientrano nei parametri del Fisco, e che hanno prodotto un aumento «significativo» dei ricavi e del valore aggiunto dichiarati dai contribuenti.
Per quanto riguarda la prevenzione e il contrasto all’evasione, nel 2021 il risultato annuale relativo all’obiettivo di riscossione complessiva è pari a 13,7 miliardi di euro, di cui 4 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 8 dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall’Agenzia delle entrate o accordi per deflazionare il contenzioso) e 1,7 relativi all’attività di promozione della compliance. Le nuove entrate strutturali frutto della lotta all’evasione ammontano invece a 3,1 miliardi: posto che 1,7 miliardi sono già stati impegnati quest’anno per finanziare i decreti Aiuti nel fondo destinato alla riduzione delle tasse ad oggi restano 1,4 miliardi di euro.
Una quota di risorse aggiuntive, utile per irrobustire la prossima legge di bilancio, potrebbe essere recuperata mettendo ordine alla selva degli sconti fiscali, che anche questo governo (come tutti i precedenti) intende riordinare nell’ambito «di un più ampio e organico disegno di riforma fiscale». Riforma che – ricorda lo specifico allegato alla Nadef – «è una riforma abilitante del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), assicurando poi che «le linee programmatiche per il riordino saranno definite in prossimi provvedimenti normativi». In totale le cosiddette «tax expenditures» in base all’ultimo censimento sono in tutto 592 per un controvalore complessivo di 82,5 miliardi di euro. Un onere in aumento del 21% rispetto ai 68,1 miliardi contabilizzati nel 2021. Basterebbe cancellare solo il 10% di questi «sconti» per ricavare 7-8 miliardi di euro.—